Cultura e Spettacoli

C'eravamo tanto odiati. In mostra "chat" d'autore e altre scoperte inedite del Gabinetto Vieusseux

Duecento anni di lettori illustri in esposizione Da Leopardi e Manzoni a Stendhal e Dostoevskij

C'eravamo tanto odiati. In mostra "chat" d'autore e altre scoperte inedite del Gabinetto Vieusseux

A Leopardi Manzoni non piacque. Nel 1827 la prima tiratura dei Promessi Sposi era ancora fresca di stampa e il poeta recanatese si trovava a Firenze, al gabinetto Vieusseux. Il Vieusseux era uno «stabilimento scientifico e letterario» fondato nel 1819 e inaugurato nel gennaio del 1820 (quindi duecento anni fa) a Firenze per volontà di Giovan Pietro Vieusseux, un mercante nato in Liguria da una famiglia di origine ginevrina. Dopo vent'anni di viaggi commerciali in tutta Europa questo signore, che non si accontentava più soltanto di prosperare negli affari, arrivò a Firenze, dove gli venne un'idea da imprenditore illuminato: aprire un luogo in cui, a pagamento, la gente potesse trovare giornali e riviste di ogni paese. In poche parole, dove potesse sapere che cosa stava succedendo ovunque nel mondo. Il servizio era pensato soprattutto per gli stranieri.

Tutto è documentato nella bella mostra Il Vieusseux dei Vieusseux. Libri e lettori tra Otto e Novecento. 1890-1923, a cura di Laura Desideri, inaugurata da pochi giorni a Palazzo Corsini Suarez e aperta fino al 30 giugno prossimo, (il cui catalogo è particolarmente ben scritto).

Come si dice, l'informazione è potere. E chi ha il potere ama tenersi informato. Negli anni in cui Firenze era una tappa obbligatoria del Grand Tour, i visitatori erano di classe sociale elevata, colti, spesso di alto lignaggio. E si fermavano anche per mesi. Gli inglesi più di tutti gli altri, al punto che i fiorentini finirono per chiamare «inglesi» tutti gli stranieri.

Nel giro di sette-otto anni lo stabilimento, nella sua sede di Palazzo Buondelmonti, in piazza Santa Trinita, era diventato una fucina vulcanica di grandi nomi e di grandi idee, nel cuore di quello che allora era una specie di parco a tema di gran lusso, fra Lungarno e mirabilia artistiche e architettoniche, in più comodamente circondato da camere ammobiliate in affitto, locande e alberghi per aristocratici (come l'hotel de l'Europe).

L'offerta di Vieusseux rispondeva a una domanda: gli stranieri di alta cultura volevano tenersi aggiornati. Cercavano avidamente giornali, riviste più o meno specializzate, e libri, di carattere tecnico, accademico e, in seguito, letterario o di evasione.

I Promessi Sposi era un libro molto atteso, così come lo era l'autore, che arrivò con un largo seguito, tra famiglia e domestici. L'incontro a casa Vieusseux con l'uomo che aveva «sciacquato i panni in Arno» avvenne il 3 settembre 1927, e oltre al padrone di casa c'erano Pietro Giordani, Giovan Battista Niccolini, Giacomo Leopardi.

Un cattolico e un ateo romantico-pessimista non potevano andare molto d'accordo. In più Leopardi inchiodava così il lavoro dell'altro: «le persone di gusto lo trovano molto inferiore all'espettazione. Gli altri generalmente lo lodano». E anche «fa tanto romore e val tanto poco».

Dalla documentazione conservata nei secoli e incrociando i registri delle presenze e dei prestiti con le corrispondenze private e le cronache dei giornali, si desumono una serie di ghiotti dettagli che ci confermano una tesi secolare: gli intellettuali sono spesso bambini che litigano per la merenda.

Pur incontrandosi, discutendo di massimi temi e scambiandosi le idee, si detestavano più di quanto si stimassero. E sebbene trattato con i guanti, Leopardi dedicò al marchese Gino Capponi alcuni endecasillabi da levare il pelo: «Era nel campo il conte Leccafondi/signor di Pesafuno e Stacciavento;/Topo raro ai suoi dì che di profondi/Pensieri e di dottrina era un portento» e così via per ventiquattro versi, che un po' fecero perdere l'aplomb al Capponi: «Quel maledetto Gobbo che s'è messo in capo di coglionarmi».

Anche all'emerito filologo Theodor Mommsen, sottoscrittore di un abbonamento dal 16 maggio 1845, girano a manovella le scatole: «Rovistato da Vieusseux, il che rovina l'umore. Che non si trovi qualche scavaletame, fuorché proprio me, per rimestare in questa porcheria della porcheria?» Poi dichiara «insopportabili» i versi di Leopardi, e infine si lamenta: La sera da Vieusseux, nel salotto; ma che riunione insipida, Dio mio () e c'era ancora altra gentaglia di questo genere. Meglio lustrare scarpe che sciupare il mio tempo con questo branco».

Comunque, giusto per fare un po' di name dropping, rileviamo il passaggio negli anni, da Vieusseux, di: Arthur Schopenauer (1822); Stendhal (1833, fra l'altro scrisse che Vieusseux assomigliava a uno sparviero); James Fenimore Cooper (1828); Hector Berlioz (1831); Heinrich Heine (1828); Eugène Viollet-Le-Duc (1836-37); John Ruskin (1845); William Thackeray (1845); Robert Browning (1847); Collodi (1865). Niente male, come compagnia, insomma. Fedor Dostoevskij arriva nel 1862, in cerca di riviste russe, che a Milano non aveva trovato. Ma nel 1869 è anche a caccia di una copia del richiestissimo Madame Bovary, avendo perduto la sua. La trova e non la restituisce.

Un dato che salta agli occhi è la relativa assenza di fiorentini, in un luogo che in fondo è casa loro. A venirci sono sempre stati soprattutto gli stranieri, come si è detto, anzi è un servizio pensato in prevalenza per loro, e poi sta di fatto che i fiorentini, soprattutto nell'Ottocento, erano analfabeti e poveri al punto che il costo dell'abbonamento era per loro proibitivo.

A fine Ottocento approdano le donne che, come confermato poi nei secoli, sono diventate le lettrici di maggioranza. Donne sempre meno timide nel leggere, nello scrivere e nel pubblicare. Ida Baccini, giovanissima, chiede direttamente a Vieusseux consigli su che cosa leggere, salvo fare poi di testa sua. Nel 1870 passa Louisa May Alcott, che fra l'altro a Firenze compra delle pellicce. Piccole donne sì, ma eleganti. In quel momento Firenze è capitale d'Italia, l'effervescenza al massimo.

Nei primi del Novecento passano Isadora Duncan e Gertrude Stein, ma è il secolo della Firenze futurista, l'epoca dei Papini e dei Prezzolini, di Palazzeschi e di Federigo Tozzi, e delle lotte fra interventisti e no.

Poi il secolo scorre, i gusti cambiano, oggi il Gabinetto Vieusseux, a Palazzo Strozzi, è soprattutto una grande biblioteca pubblica. Dagli archivi emergono inediti stimolanti, come il carteggio di prossima pubblicazione fra Gadda e Alessandro Bonsanti.

Gli stranieri cercano Starbucks.

Commenti