Giovanna d'Arco alla prova esecutiva ha dimostrato, come molte delle opere del cosiddetto Verdi giovane, di essere un'opera ricca di quegli slanci e aperture verso il futuro (sinopie del Verdi maggiore) che lasciano sempre a bocca aperta; anche se mancano i momenti indimenticabili, a cui Verdi aveva abituato il pubblico milanese con i precedenti Nabucco e Lombardi. La condizione necessaria per ovviare era avere in cima alla locandina una protagonista di primo piano, come accaduto nelle poche seppur importanti riprese moderne dell'opera. Dunque i termini di confronto per Anna Netrebko erano da far tremare. La Giovanna d'Arco verdiana è stata riportata a nuova vita scenica da artiste della levatura di Renata Tebaldi, Montserrat Caballé, Katia Ricciarelli. La soprano russa non si è fatta inibire da quanto incombe nelle prime scaligere sulle spalle di un'eroina nel ruolo del titolo. Ha sfoderato una prova vocale sontuosa, gagliarda, generosa, pienamente adeguata alle difficoltà tecniche e alle grandi attese del pubblico. Accanto a lei si conferma una sicurezza nei ruoli verdiani in chiave di tenore, Francesco Meli, nella parte del sovrano innamorato della Pulzella, e da questa spronato al trono e alla vittoria. Il terzo incomodo dell'opera, il baritono, che in quest'opera è lo sgradevole padre di Giovanna, Giacomo, il quale crede la figlia indemoniata, e per questo la denuncia agli inglesi salvo poi pentirsi, è stata affidata al giovane Devid (sic) Cecconi, cantante fiorentino che ha sostituito in pronto soccorso Carlos Alvarez. Il Sovraintendente Pereira ha annunciato la sostituzione al pubblico invitandolo alla comprensione con un paragone sciistico: la prima della Scala è come lanciarsi in discesa dalle Tofane di Cortina d'Ampezzo a tratti sostenere il «cantabile» di Verdi, l'intonazione, dando rilievo interpretativo al suo nervo scoperto (il rapporto padri-figli) poteva sembrare come buttarsi dai muri della Streif di Kitzbühel o del Lauberhorn di Wengen, ma con gli sci corti. La messa in scena di Leiser & Caurier ha realizzato un compromesso coerente e tutto sommato rispettoso della drammaturgia musicale (seppur non narrativo), costruendo l'azione come scaturita dall'isteria di una donna di nome Giovanna, che dalle stanze di una casa per alienati immagina di essere la Pulzella d'Orleans. Demoni sporcaccioni, armigeri lucenti, il Re, dorato come un cioccolatino, irrompono nella vasta stanza come incubi, frutto di una mente «malata», mentre i «borghigiani» e gli angeli sono confinati nel dietro le scene. Aveva ragione il maestro Riccardo Chailly quando in sede di presentazione ha parlato del rilievo protagonistico in quest'opera del coro, che, insieme alla signora Netrebko, è stato il punto di forza dello spettacolo. Il vigore delle sortite bellicose, gli accenti narrativi, i colori differenziati dei «fuori scena», la potenza fonica degli assieme, sono da ascrivere al merito del mago del coro, Bruno Casoni, inossidabile eccellenza della Scala. Alla fine meritati applausi per tutti, a partire dal maestro Chailly che ha tenuto ben saldo l'assieme e ha confermato, fortemente volendo quest'opera, il suo entusiasmo verdiano (con questo successo un ciclo di spocchia anti-verdiana è sepolto).
Ovazioni trionfali per la Netrebko, caldissime selve d'applausi anche per Chailly, Casoni e il coro, per i solisti e per la coppia registica, che incassa il rarissimo consenso del pubblico scaligero in materia di regia (undici minuti di applausi in totale).- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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