La massima parte del vivere è appassire? Ci pensa il Biografilm Festival a smentire questo verso di Leopardi, mandando in orbita - al cinema Lumiére di Bologna, da oggi al 15 - vite spettinate di gente celebre, spericolata e tutt'altro che noiosa. Vediamo di chi e perché.
Steve McQueen. Al divo pilota e playboy, «uno che partecipava alle gare automobilistiche con un piede ingessato e le vinceva» (Vasco dixit), è dedicata l'apertura della kermesse, con il documentario di Gabriel Clarke e John McKenna, Steve McQueen: The Man&Le Mans . La provenienza del docufilm intriga, perché 600 scatoloni di pellicola ritrovati casualmente a Los Angeles, con stralci di girato del film Le Mans (1970), flop targato Steve, maniaco del controllo, hanno portato a rimontare tagli, ritagli e frattaglie di tanto trovarobato doc. Se poi aggiungi un Super8 vintage, girato sul set del film, col divo che parla di sé e del figlio Chad, anch'egli affetto dal morbo delle auto veloci, l'effetto dirompente è assicurato. «Se vogliamo portare avanti questo progetto, dobbiamo farlo nel modo giusto. Nessun escamotage hollywoodiano: nessun colpo di scena orchestrato ad arte, niente lieto fine. E se dobbiamo dedicarlo a una sola corsa, deve trattarsi necessariamente di Le Mans» dice Steve prima di gettarsi a tutta velocità in un progetto rovinoso. Ma non c'è solo il backstage. Saranno più belli gli occhi spavaldi di McQueen, macho classe 1930, selezionato dal folle Charles Manson tra i morituri, o quelli di ghiaccio del collega e rivale di corse Paul Newman, col quale fece a botte per mettere il proprio nome davanti al suo sul poster de L'inferno di cristallo ? McQueen fu vittima d'un santone, che nel 1980 cercò di estirpargli un cancro ai polmoni. Inutilmente. Morì il 7 novembre di quell'anno a Ciudad Juarez, in Messico. Sputava sangue.
Hubbard e Scientology. Vivono nell'inferno della setta, invece, gli aderenti a Scientology. E la discesa agli inferi viene dal premio Oscar Alex Gibney con Going clear, Scientology e la prigione della fede (dal 25 in sala), ispirato al bestseller del premio Pulitzer Lawrence Wright. Tra pratiche di plagio degli adepti, filmati d'archivio, testimonianze di ex-membri e un ritratto del fondatore Ron Hubbard, si chiarisce anche il ruolo delle celebrità del cinema. Negli Stati Uniti, il documentario (come il libro, del resto) ha scatenato un putiferio e (pare) l'ira di Tom Cruise. Secondo Scientology, sarebbe colmo di falsità. Precisamente «una ogni 2 minuti di visione» come recita una lettera inviata a The Hollywood Reporter.
Padri&Figli. A ricordarci la tormentata figura della rockstar Amy Winehouse, morta per overdose, c'è il docufilm diretto da Asif Kapadia Amy: The girl behind the name , fresco di Croisette. Dal regista abbonato ai biopic sui Vip (fece discutere il suo Ayrton Senna , dedicato allo sfortunato pilota brasiliano) ecco uno spaccato di vita rock'n'roll, che ha fatto imbufalire il papà tassinaro di Amy: querele già arrivate da parte del genitore, qui ritratto come un papà assente, menefreghista e avido. In realtà, il regista attinge a fonti privatissime per tracciare (anche) un ritratto di Amy prima del successo e dell'eccessivo dimagrimento. È proprio il confronto rispettoso (ma senza alcuna retorica) tra la ragazzina in carne e il cadavere all'obitorio a far esplodere il film.
Enzo forever. Un altro cantautore famoso terrà banco, tra tortellini e anteprime: si tratta di Enzo Jannacci, oggetto di Jannacci, lo stradone col bagliore , documentario sul medico-cantante, che qui, tra le altre cose, fa le prove d'una trasmissione tv mai andata in onda.
Sfilano Boldi e Abatantuono, Cochi e Renato e anche Faletti. Al centro c' anche la Milano degli anni Settanta immortalata dai brani più celebri di Jannacci. La regia è di Ranuccio Sodi, amico e collaboratore storico del cantante. Si preannuncia un cult assoluto.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.