"Chi è l'attore più bravo? Sicuramente un asino, il mio film lo dimostra"

Il regista in Italia per il "Global fest" di Ischia racconta la sua lotta in difesa degli animali

"Chi è l'attore più bravo? Sicuramente un asino, il mio film lo dimostra"

L'asino è più interessante di un essere umano. Almeno così la pensa Jerzy Skolimowski, il regista polacco 84enne che a Cannes ha ricevuto il premio della giuria per Eo, il film che ha protagonista, appunto, un somaro. Per il maestro di Essential Killing, cresciuto con Wajda e Polanski, l'ultima fatica cinematografica è dedicata a un unico obiettivo: sensibilizzare le persone a trattare bene gli animali e a mangiare meno carne. Eo racconta l'odissea di un asino che, dopo essere stato liberato da un circo, passa da un padrone all'altro incontrando persone buone e cattive, momenti di gioia e dolore. Il regista è arrivato a Ischia per promuovere la pellicola (in attesa di una data di uscita nei cinema italiani) ed è stato premiato al «Global Fest» che si è chiuso ieri dopo una settimana in cui sono sbarcati sull'isola verde decine di attori, cantanti e protagonisti dello showbiz nazionale e internazionale.

Maestro, perché uno spettatore dovrebbe andare a vedere un film su un asino?

«Perché può scoprire che è più espressivo delle persone. Devo confessare che le parti migliori del film sono proprio quelle con l'asino, le sue reazioni sono commoventi. Dopo aver finito le riprese e aver visto il girato, ho deciso d tagliare quasi tutte le parti con gli esseri umani, anche se avevo ingaggiato attori importanti come Isabelle Huppert, Sandra Drzymalska e Lorenzo Zurzolo».

Addirittura.

«Certo. Gli asini sono fantastici. Pensate che in una scena, Marietta, uno degli animali usati nel film, sapeva fingere benissimo di morire. Era addestrata a sdraiarsi per terra e non si muoveva finché il proprietario non gli faceva la respirazione bocca a bocca. Così ho deciso di cominciare il film con Marietta e l'attrice che doveva rianimarla».

Non sarà stato così semplice lavorare con gli animali.

«No. Loro sono bravissimi. L'unico problema è che non potevamo usare un solo asino: il film racconta del viaggio tra Polonia e Italia, così per non trasportarne uno per centinaia di chilometri, ne abbiamo presi sei, uno in ogni posto in cui giravamo. E ricordo i nomi di tutti e sei: oltre a Marietta, Ola, Taco, Ettore, Mela e Rocco. Sono tutti di razza sarda, una razza molto bella».

Perché riportare di nuovo sul grande schermo il viaggio dell'asino già raccontato da Bresson nel 1966 in Au hasard Balthazar?

«Perché il film di Bresson è stato il primo e l'unico che mi ha fatto piangere. La scena in cui, alla fine, il povero asino muore mi ha spezzato il cuore. Quando si vede questa immagine siamo coscienti che non sembra finzione, l'animale sta morendo davvero e questo ci commuove molto».

Ma, alla fine, cosa voleva dire con questo film?

«Ho visto fare cose terribili sugli animali, ho visto allevamenti di volpi massacrate per la pelliccia, sono rimasto inorridito. Spero che il mio film contribuisca a fermare queste crudeltà, a guardare gli animali come esseri viventi, non come oggetti».

Un lavoro il suo premiato a Cannes.

«Per la verità sono rimasto sorpreso di aver ricevuto solo il premio della Giura, pensavo di prendere un premio maggiore, tutti dicevano che il mio era il film più bello in concorso».

Ha ultimato la sceneggiatura di The Palace di Roman Polanski, con cui aveva già collaborato per Il coltello nell'acqua nel 1962.

«Era da tantissimo anni che non lavoravo con Roman, si vede che era proprio disperato perché non riusciva a trovare qualcuno adatto a scrivere con lui. Scherzi a parte, quando mi ha proposto di aiutarlo ho accettato subito. Lo conosco fin da ragazzo, da quando studiavamo alla scuola di cinema. Io e mia moglie Ewa Piaskowska, co-sceneggiatrice, siamo andati in questo bellissimo hotel nelle Alpi Svizzere, uno dei più belli del mondo, sembra un castello del 1500. Nel film si mettono a confronto le vite dei ricchi aristocratici con quelle dei personale di servizio. È ambientato nella notte dell'ultimo dell'anno 1999 che festeggiava l'arrivo degli anni 2000, quando si credeva che il futuro sarebbe stato migliore, senza guerre e pandemie. E, invece, eccoci qui».

E la sua Polonia è vicinissima alla guerra in Ucraina.

«Il compagno Putin deve riflettere e mettere fine a questa tragedia».

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