Mae West era esagerata in tutto, nelle passioni, nelle misure, nel trucco. Non era delicata come Audrey Hepburn o sofisticata come Grace Kelly ma quanta ironica eleganza nel suo «hai una pistola in tasca o sei solo felice di vedermi?». Evocativo senza una parola di troppo, così fulminante da diventare titolo di un libro di citazioni sul cinema, aforisma degli aforismi. Così come fece la sua porca figura l'unica parolaccia che uscì dalla bocca del principe Totò, che odiava barzellette, maleparole, carte da gioco e dolci ne I due colonnelli: la «carta bianca» (e l'uso suggerito che ne seguiva) gridata al maggiore Kruger, liberatoria come la «cagata pazzesca» di Fantozzi. Perché, si sa, il cinema ha smesso da un pezzo di badare a come parla, se il mondo abitualmente si esprime come Er Monnezza il cinema non può tapparsi le orecchie. Per cui niente di strano che, seppellita la censura e sbracato il linguaggio, anche il titolo del film sia diventato rumoroso come il Petomane di Ugo Tognazzi. Vito Tartamella, che è studioso, e serissimo, del vocabolo sconcio (date un'occhiata al suo blog parolacce.org o cercate il suo libro Parolacce on line) ha messo insieme i titoli dei cento film più volgari della Storia, le parolacce che non ti ho detto, gli strilli di locandina più sguaiati. Anzi 96 per la precisione comprensivi di 22 parolacce diverse. Da Culo e camicia (Pozzetto e Montesano con la regia di Festa Campanile) a Che cazzo fai, commedia di Lewis Bertone, che è poi anche la domanda che il produttore avrebbe dovuto farsi prima di finanziare il film.
A contarli, spiega Tartamella, sono pochini, solo lo 0,4% dei 62mila film usciti negli ultimi 58 anni, ma il trend è fottutamente in crescita: «Questo perché la scurrilità ormai fa parte del nostro parlare quotidiano - dice - e il cinema strizza l'occhio al nostro sboccare, come dire, vedi che parlo come te?». Tutto pare sia cominciato negli anni '60, ma il primo titolo scurrile della storia, sorpresa, sorpresa, è del 1915: si intitolava Il bastardo, protagonista il tenore Piero Schiavazzi. Era un film muto.
I bastardi del resto vanno fortissimo in questa graduatoria: ventisei titoli e primato in classifica. I più fortunati Babbo Bastardo e Bastardi senza gloria, ma difficile resistere a Una donna per sette bastardi, la donna per la cronaca era Dagmar Lassander, praghese di una certa presa sul filone horror-erotico-poliziesco, o al crescendo di Bastardi si nasce, carogne si diventa, film guerriero anni Settanta che sintetizzava più che altro lo spirito con cui uno usciva dalla sala dopo averlo visto.
Non solo B-Movie, trash e pecorecci. Nel vernacoliere di celluloide ci sono maestri come Monicelli, Fassbinder, Risi, Tarantino, Mel Brooks, Miyazaki. La cena dei cretini ha conquistato tre premi Ceasar, Porco rosso un Ishihara Yujiro, l'Oscar sportivogiapponese, Scemo di guerra, dove il protagonista era Beppe Grillo, fu presentato a Cannes. Un salotto buono più che un bar di Caracas. Le categorie dell'intelligenza, del resto, sono ben rappresentate: Scemo più scemo, Vieni avanti cretino, Tutti gli uomini del deficente, I soliti idioti, Puttana (Whore), e Vaffanculo per chiudere in bellezza, regia di Nuno Felipe, drammatico, soprattutto il fatto che l'abbiano girato.
Lo studio di Tartamella, trovate il repertorio completo dei mostri sul suo blog, è scoppiettante di male parole come i trani di una volta: «L'idea mi è venuta quando mi è capitata tra le mani la locandina di un film dell'anno scorso: Fottute. La cosa comica è che si intitola così solo in italiano perché l'originale è Snached, rapite». Non è il solo originale a vedersi involgarito nella lingua di Dante. Dude, where is my car? («Ehi, tipo, dov'è la mia macchina?») è diventato, chissà perchè, Fatti, strafatti e strafighe mentre Steptoe and son («Steptoe e figlio») si è trasformato in Porca vacca mi hai rotto. Siamo più sporcaccioni degli americani? A giudicare dai titoli si, anche se The wolf of Wall Street, con Leo Di Caprio e Martin Scorsese alla regia, in 180 minuti di film conta 687 parolacce, quasi 4 al minuto, più che sui broker sembra un film sui camalli: sono quasi tutte una variante del verbo «fuck» che a Milano si traduce «vadarviaiciap». Gli allusivi però sono i migliori. La commedia sexy all'italiana ci ha regalato il mitico Elena si ma di Troia, l'immaginifico W la foca e l'inarrivabile Quel gran pezzo dell'Ubalda tutta nuda e tutta calda. Pura leggenda.
Fa tenerezza sapere che la frase più famosa del cinema, «Francamente me ne infischio» di Via col vento, era talmente considerata a rischio censura
che il produttore David O. Selznick ne preparò alcune alternative tipo «la cosa non mi riguarda più» o «la mia indifferenza è sconfinata». Oggi a Clark Gable farebbero rispondere come il film di Sergio Citti: Mortacci...
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