Da alcuni anni a questa parte, pochi, ma significativi, Venezia è meglio di Cannes, cinematograficamente parlando, perché sul décor non c'è mai stata partita. E' un Festival più intelligente, meno presuntuoso e meno condizionato nelle scelte, più agile, meno mastodontico e meno isterico nell'apparato. Se i veneziani del Lido si decidessero a considerarlo una risorsa e non un fastidio, il divario sarebbe ancora più avvertibile, ma, come diceva quel tale, questa è un'altra storia...
Nel concorso della 74° edizione che si apre oggi, la parte del leone, animale quanto mai in tema, la fanno gli americani e gli italiani. I primi sono ormai una costante del nuovo corso impresso dal suo direttore, Alberto Barbera, i secondi una novità, e quindi vale la pena partire da loro. Sono ben quattro quelli in gara: Ammore e malavita dei Manetti Bros, La famiglia, di Sebastiano Riso, The Leisure Seeker, di Paolo Virzì, Hanna, di Andrea Pallaoro. A contorno, nelle altre sezioni o fuori competizione, la presenza nazionale è ulteriormente rafforzata: un biopic, di Susanna Nicchiarelli, su Nico, la top model dell'underground newyorkese degli anni Sessanta e un altro, Diva!, di Francesco Patierno, sulla vita di Valentina Cortese; un documentario di Gianni Amelio, Casa d'altri, sul terremoto di Amatrice; l'anticipazione di Suburra, la serie televisiva di Michele Placido; Il colore nascosto delle cose, di Silvio Soldini; Brutti e cattivi, di Cosimo Gomez... L'impressione è un fritto misto di generi, sulla cui digeribilità non ci si può ancora pronunciare, e però con la volontà, almeno sulla carta, di uscire dal cliché della commedia all'italiana e dal tormentone ombelicale-generazionale. C'è chi paventa un eccesso di gomorrismo-maledettismo: staremo a vedere...
Da oltreoceano arrivano invece i soliti Titani. Apre la mostra Downsizing, di Thomas Payne, con Matt Damon per protagonista, si prosegue con First Reformed, di Paul Schrader, con Eton Hawke, e The Shape of Water, di Guillermo del Toro, con Sally Hawkins e Richard Jenkins, per arrivare poi a Suburbicon, di George Clooney, con Julienne Moore e ancora Matt Damon, e Mother!, di Darren Aronofsky, con Javier Bardem e Michelle Pfeiffer.
Fuori gara, c'è l'imbarazzo della scelta: The Private Life of a Modern Woman, di James Toback, Brawl in Cell Block 99, di S. Craig Zanler, i documentari The Devil and Father Amorth, di William Friedkin e Ex Libris-New York Public Library, di Frederick Wisamen... In ultimo, ma non per ultimo, il Leone d'oro alla carriera a Jane Fonda e Robert Redford sarà anche l'occasione di vederli ancora in coppia in Our Souls at Night, di Ritesh Batra. Nell'insieme si passa dalla satira sociale al fantasy con punte di mistero, dall'impegno civile al thriller e sempre con cast di prim'ordine.
Il resto del concorso vede una buona presenza francese: Mektoub my Love: Canto Uno, di Kechiche, La Villa, di Guédiguian, L'insulte, di Doneiri, Jusqu'à la garde, di Xavier Legrand; gli inglesi Andrew Haig (Lena on Pete) e Martin McDonagh (Three Billboards outside Ebbig, Missouri); l'israeliano Samuel Maoz (Foxtrot); il cinese Ai Weiwei (Human Flow), il giapponese Hirokazu Kore-eda (The Tird Murder); l'australiano Warwick Thorton (Sweet Country). La chiusura del Festival, fuori concorso, è del grande Takeshi Kitano, con il suo Outrage Coda.
Una Mostra, dunque, che promette di essere di buon livello, lasciando da parte le aspettative cannibalesche intorno al documentario Caniba (la storia di Issei Sagawe, il giapponese studente alla Sorbona che uccise e mangiò la sua olandese compagna di studi...
), quelle granguignolesche riguardanti il già citato Brawl in Cell Block 99, e l'ansia da realtà virtuale sprigionata dalla nuova sezione Venice Virtual Reality, ospitata sull'isola del Lazzaretto Vecchio. Il nome della location rischia di essere un monito e un programma.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.