Il co-fondatore di Apple: «Il film su Jobs pieno di falsità»

Il co-fondatore di Apple:  «Il film su Jobs pieno di falsità»

Basta una clip e il biopic va in tilt. È stato sufficiente mettere in rete un minuto del film jOBS, attesa cinebiografia di Joshua Michael Stern sul carismatico fondatore di Apple, Steve Jobs, per sollevare un vespaio. A polemizzare sullo spezzone, che mostra l'attore Ashton Kutcher (Steve Jobs) mentre, ispirato, discute con il co-fondatore di Apple Stephen Wozniek (Josh Gad) sul futuro dei loro computer, è intervenuto proprio quest'ultimo. Woz, com'è conosciuto l'informatico 62enne, ora molto risentito con la Open Road, casa produttrice del film, ha cominciato a postare commenti acidi sul «film sbagliato», a suo dire, e che domani chiuderà, in anteprima speciale, il Sundance Festival, mentre dal 19 aprile sarà distribuito nelle sale americane. «Mai avuto un'interazione del genere e ruoli simili: l'idea che il computer avrebbe influenzato la società non è venuta a Jobs, ma ha ispirato me. Ne ho parlato ampiamente allo Homebrew Computer Club, club al quale entrambi appartenevamo nei Settanta, prima che decollasse Silicon Valley», puntualizza lo storico sodale di Jobs, che però, prendendo spunto da certe pretese inesattezze, egli riduce a una macchina da soldi. «L'idea di Steve era di produrre una tastiera per Pc con 20 dollari, rivendendola a 40 per aiutare quelli del club a costruire il computer che io avevo dato via. Steve aveva venduto alcuni pezzi a HalTed: voleva fare soldi alla svelta con i miei design», commenta il co-fondatore di Apple, rivendicando come sua la paternità del concetto «computer per tutti». E senza perder tempo, Woz passa a bacchettare la produzione, per non aver letto il suo fondamentale libro iWoz, dove esplicita proprio quest'importante dettaglio. Di solito, i biopic danno filo da torcere a chi li produce,perché c'è sempre qualche erede, amico, o ignoto parente che,a film finito, salta su e dice la sua in senso ostile. Stavolta è inedito che, sulla base di una sola clip di breve durata, inizi una schermaglia agguerrita.

Perché la Open Road Films contrattacca: «Il film non è un documentario, ma un'opera d'intrattenimento,che riguarda una delle persone più creative, importanti e potenti della nostra storia culturale, che si è svolta nel corso di tre decenni e che noi abbiamo condensato in due ore di film. Il problema dell'essere più o meno filologici, rispetto a un libro, o a un personaggio, ricorre di frequente nelle trasposizioni cinematografiche. Ma nessuno si aspetta ritratti accurati di personalità in vista».

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