Cultura e Spettacoli

Com'è dura arrampicarsi sull'Albero della Vita

Il romanzo di Sigal Samuel è ambientato in una Montréal ebraica che ricorda Chagall e Richler

Com'è dura arrampicarsi sull'Albero della Vita

Rieccola, la Mile End di Mordecai Richler. Rieccola, la Montréal ebrea sciorinata nella Versione di Barney, ordinatamente incasinata e viceversa, osservante e osservatrice (anche delle stelle e di altri mondi), oppure laica e miscidata con i goyim, fra un goloso rugelach con valenza di madeleine e un tormentato e contrastato bat mitzvah in stile C'era una volta in America. Ma qui, nel romanzo di Sigal Samuel, il cazzeggio e il witz, le colossali bevute e i reiterati ritorni a bomba per dipanare l'intricata matassa dei ricordi sono centellinati, al limite del divieto. Perché qui, in I mistici di Mile End (Keller editore, pagg. 359, euro 18, traduzione di Elvira Grassi) si parte sì dalle radici terrestri dei giardinetti, ma per arrampicarsi niente meno che fra i rami extra-terrestri, nel senso di spirituali anzi di più, appunto, mistici, dell'Albero della Vita.

A parlare-scrivere in prima persona, nelle prime tre parti di questo romanzo aereo, chagalliano, sono Lev, il figlio, David, il padre, Samara, la figlia. Lev, con il suo allure adolescenziale da Holden Caulfield per bene. David, vedovo consolabilissimo dalle sue allieve e con il classico tono da professore, quale infatti è, che ha maturato il giusto distacco dalla materia che insegna, la mistica ebraica (non il questo si può e questo no, non la manualistica di tutti i giorni...), almeno fino a quando la malattia, sala d'attesa per la morte, lo riconduce a più miti ed elevati consigli. Samara detta Sammy, che tergiversa un po' troppo (è la zona più debole dell'affresco complessivo) nel tira e molla saffico con Jenny, prima e dopo aver scoperto, fra le carte di papà, le bozze di uno studio proprio sull'Albero della Vita. Nella quarta parte del libro, non c'è più un «io», e neppure un «noi», ma un comune «loro». Mile End in qualche modo propone quasi un happy end. Lo scentrato signor Katz che il suo Albero se lo costruisce usando filo interdentale e foglie ricolorate, il bigotto signor Glassman che accudisce la moglie colpita da ictus, lo scienziato-sognatore Alex, amico di Lev e perdutamente innamorato dell'inarrivabile (fino a prova contraria) Samara...

Tutto si tiene, proprio come in un Albero, anche se lo guardi capovolto.

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