Il complotto (sgangherato) per uccidere il Céline "nazi"

Il complotto (sgangherato) per uccidere il Céline "nazi"

Nel 1950, lo scrittore Roger Vailland, oggi ignoto ma al tempo una celebrità, pubblicò un articolo su La Tribune des Nations in cui raccontava una storia bizzarra. Il giornale era finanziato dai servizi segreti sovietici. Vailland (1907-1965) era un comunista molto particolare. Credeva in Stalin ma preferiva le donne. Dopo i fatti di Budapest abbandonò il partito. Il suo romanzo Uno strano gioco (1945) sulla Resistenza, aveva fan trasversali. Ad esempio piacque molto a Roger Nimier, il rispettato consulente di Gallimard al quale si deve anche il ritorno sulla scena di Céline... Al quarto piano del palazzo in rue Girardon 4 c'era una base segreta della Resistenza, nel cuore della Parigi occupata dai nazisti. Una cellula, di cui Vailland faceva parte, si riuniva in quelle stanze per fare il punto della situazione, elaborare piani, scambiare armi, ascoltare la radio inglese e altro. Al quinto piano abitava un altro scrittore, Louis-Ferdinand Céline. E mentre di sotto si cospirava, di sopra si festeggiava. A dire di Vailland, l'appartamento di Céline ospitava la «crema» del collaborazionismo francese, redattori della rivista filo nazista Je suis partout, colonnelli delle SS. Verso le undici di sera, gli ospiti se ne andavano ma rimanevano comunque a fare crocchio sotto il portone. Vailland e compagni iniziarono a pensarci su. Perché non far fuori un po' di tedeschi e collaborazionisti? Si valutarono due opzioni. Far cadere in testa ai nazisti una bomba a mano, affacciandosi alla finestra. Irrompere mitra alla mano e falciare i convenuti. Dopo un'accesa discussione, i ribelli decisero di soprassedere. Il motivo? Si potevano maciullare tedeschi e collaborazionisti meno uno: Céline. Alcuni soci di Vailland fecero notare che non si poteva crivellare come un sacco di patate l'autore del Viaggio al termine della notte. Sarebbe stato un reato contro la letteratura francese. Incredibile a dirsi, l'argomento fu sufficiente per far cadere ogni azione violenta. Vailland conclude con un filo di rammarico per l'occasione sprecata. Céline manda immediatamente una lettera al suo avvocato affinché la trasmetta all'Haute Cour: non c'è mai stato alcun cenacolo in rue Girardon, non ha mai ricevuto giornalisti o scrittori collaborazionisti, va a letto da sempre alle sette di sera. Fino a qui siamo ancora nel 1950.

Otto anni più tardi, Vailland vince il premio Goncourt con La legge. Céline scrive una contro memoria intitolata Illuminazioni e pubblicata su Le petit Crapouillot del febbraio 1958. Lo scritto si apre con il vecchio articolo di Vailland e prosegue con un'invettiva feroce.

Ora le pagine infuocate di Céline sono pubblicate in Céline contro Vailland. Due scrittori, una querelle, un palazzo di una via di Montmartre sotto l'Occupazione tedesca (a cura di Andrea Lombardi, con un testo di Giampiero Mughini, traduzione di Valeria Ferretti, Eclettica edizioni).

Céline carica a testa bassa: «Quel Vailland è solo un idiota patentato! Di dettagli, e ben gustosi, su questa buffonata resistente degli eroi dello scampato pericolo gliene potrei raccontare a migliaia! Con i puntini sulle i! Roba da uscirne alla grande, scrivere pagine e pagine per ottenere un Goncourt decente!». Céline ribadisce di aver saputo perfettamente cosa accadeva nell'appartamento al piano di sotto e di non aver mai aperto bocca a differenza degli epuratori dell'ultimissima ora: «Certo queste persone si sono trasformate più tardi, ancora una volta, passato qualsiasi pericolo, in quali giustizieri feroci... vendicatori implacabili delle coliche!».

Céline spala «a forconate» le illazioni di Vailland: «Io dico, e affermo che questo Vailland (che orrore che sia così privo di forma e stile) mi deve la vita e il suo Goncourt... E questo povero cretino si dà oggi tali arie, pose fotogeniche, stile Gréco, Malraux, Mauriac che dovrebbe essere messo in provetta con Sartre, Madeleine, Triolette, Cousteau... non una provetta! una cisterna intera per metterceli tutti!».

Eppure c'è un testimone degli incontri a casa Céline e delle sue tirate antisemite così esagerate da mettere in difficoltà i suoi ospiti. Parola di Hermann Bickler, colonnello delle SS e amico dell'autore del Viaggio al termine della notte. La memoria è pubblicata in calce al volume citato: «Poi, lo scrittore mi invitò da lui, sulla Butte. Molte di queste serate sono rimaste scolpite nella mia memoria. Il suo domicilio si trovava al cuore di Montmartre, e corrispondeva pienamente al suo stesso aspetto».

Il colonnello racconta che spesso si univano alla bohème altri scrittori o pittori residenti nel vicinato o nel palazzo. Céline ce l'aveva con i tedeschi impegnati nell'Occupazione. Per patriottismo? No. Li accusava di farsi prendere in giro dal governo di Vichy.

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