Antonio Lodetti
Fabio Concato ha sempre avuto il jazz nel sangue, lo nota chi ascolta le armonie complesse delle sue canzoni. Tutto questo amore per il jazz nasce da Gigi, che è il papà di Concato e anche il titolo del suo ultimo disco, in cui - festeggiando 40 anni di attività - rilegge i suoi classici in chiave jazz con il Paolo Di Sabatino Trio. «Grazie a papà ho iniziato a masticare jazz. Faceva il rappresentante ma quando era a casa ascoltava i dischi e suonava il pianoforte e la chitarra. Mia madre si indebitò per comprare una tv ma non la guardavamo mai; ascoltavamo il cool jazz di Gerry Mulligan e Chet Baker o Miles Davis, sia su disco sia eseguiti da papà. Non solo jazz ma anche Bossa nova; per me Jobim vale Gershwin o Cole Porter a livello poetico». Così è naturale che Concato sia diventato un artista. «Quando ho avuto le mani abbastanza grandi da appoggiare sul manico di una chitarra, anche se tentare di riprodurre gli accordi della Bossa o del jazz era complicato. Improvvisavo suonando un pettinino, una sorta di kazoo; sono un'autodidatta, credo di avere già tutto dentro». Quindi Gigi è un punto d'arrivo: «Dopo la tournée con Fabrizio Bosso ho cominciato ad esibirmi con Paolo Di Sabatino e il pubblico gradiva molto i nostri concerti tanto da chiederci un disco». E del Concato di Domenica bestiale cosa resta? «Domenica bestiale l'ho odiata per una decina d'anni, tanto che non la eseguivo più perché avevo bisogno di disintossicarmi. Oggi l'ho riscoperta e la trovo una canzone perfetta». Evoluzione normale per uno nato col jazz ma anche col cabaret.
«Ho cominciato al glorioso Derby di Milano quando c'erano Cochi e Renato, Jannacci e tutti gli altri. Eravamo il trio I Mormoranti e con noi c'era Giorgio Porcaro che faceva il terrunciello. La regia era di Gianfranco Funari».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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