Cultura e Spettacoli

“Concrete Cowboy”, arriva il western urbano con Idris Elba

Ennesima narrazione del rapporto tra un padre e un figlio, ma funzionale all’esplorazione di una sottocultura anacronistica e affascinante: quella dei cowboy neri della Fletcher Street di Philadelphia

“Concrete Cowboy”, arriva il western urbano con Idris Elba

Concrete Cowboy è la nuova proposta Netflix Original della settimana, presente da oggi sulla piattaforma streaming. Ben recitato e diretto in modo solido, è un film vecchio stile in cui il racconto di formazione si unisce al western.

Basata sul romanzo di G. Neri “Ghetto Cowboy” e presentata in anteprima al Toronto Film Festival lo scorso settembre, l’opera d’esordio di Ricky Staub è incentrata su una comunità di cui si parla raramente negli Stati Uniti: i cowboy neri di Philadelphia. Si tratta di persone che hanno fatto la scelta atipica di porre il proprio rapporto con i cavalli al centro dell’esistenza, anche in maniera apparentemente irrazionale, visto che nella fattispecie si tratta di persone disagiate economicamente e che vivono alla periferia di una grande città.

Fletcher Street, il loro sobborgo, appare un luogo fuori dal tempo, un microcosmo che ha una sua sacralità e, nei cowboy di cemento (questa la traduzione letterale del titolo), i suoi custodi.

Le stalle sono ricavate in palazzine fatiscenti ma sono l’ultimo avamposto di natura contro il dilagante processo di urbanizzazione atto a riqualificare quartieri che, in sostanza, come effetto collaterale, vengono privati delle tradizioni che li hanno sempre abitati.

Cole (Caleb McLaughlin) è un adolescente di Detroit dal temperamento difficile e sua madre, stufa di sentirsi impotente di fronte alle intemperanze del figlio, decide di “abbandonarlo”, assieme a due sacchi dell’immondizia pieni di vestiti, a nord di Philadelphia, dal padre Harp (Idris Elba). L’uomo, che non se ne è mai occupato prima, sistema il ragazzo a dormire su un divano proprio accanto al cavallo che vive nel soggiorno. Nel frigo solo birra e formaggio e nell’aria nessuna intesa, padre e figlio faticano a dialogare. Il giovane si lega quindi ad un ritrovato amico d’infanzia che è ora dedito allo spaccio di droga. Per strappare Cole dalla cattiva influenza dei criminali di quartiere, il padre inizia a condurlo dove lui stesso trascorre la maggior parte del tempo, ovvero in una stalla locale intorno alla quale ruotano personaggi che hanno nell’equitazione il senso della propria vita. Qui il giovane viene messo a spalare lo sterco dei cavalli finché, proprio nel domare il più indisciplinato di questi animali, scoprirà come domare la propria parte ribelle.

La seconda occasione tra un padre e un figlio è un topos cinematografico, indubbiamente, ma “Concrete Cowboy” riesce ad ovviare alla sensazione di già visto grazie ad interpretazioni convincenti e a un’ambientazione piena di contrasti, unica nella sua commistione particolare di realtà differenti. Più che colpire grazie all’ennesima storia di riabilitazione del singolo o di rivalutazione di un legame familiare, il film ha la sua ragion d’essere nell’omaggio a una leggendaria istituzione equestre, soprattutto considerato che i cowboy di colore, numerosi nel vecchio West, sono finiti spesso oscurati dal revisionismo hollywoodiano.

Colpiscono l’abnegazione e la fierezza ostinata con cui questi uomini portano avanti il loro ideale romantico, pronti a rinunciare a tutto ma non alla propria identità e cultura. Attraverso di loro, il legame tra gli umani e gli altri esseri viventi, in particolare i meravigliosi equini, è evidenziato con chiaro intento educativo e morale, eppure “Concrete Cowboy” è più intrigante e commovente sulla carta di quanto sia poi in realtà. Se non suscita tante emozioni è per l’avvicendarsi di situazioni prevedibili e di dialoghi talvolta retorici o dall’enfasi artificiosa.

L’ambientazione affascinante e le buone intenzioni sono indubbie, ma se ci si sente rapiti emotivamente più durante i titoli di coda in cui sfilano “testimonianze reali”, viene il dubbio che un documentario su questa sottocultura sarebbe stato più incisivo dell’ennesimo film con annesso dramma familiare. Del resto il valore aggiunto dell'opera sta proprio nell’autenticità emanata dal cast dei comprimari: veri cowboy neri della Fletcher Street, testimonianza vivente di come certi “giovani a rischio” si siano salvati dal crimine grazie alla frequentazione di un luogo dai principi sani.

Da vedere se si cerca il ritratto di un’America sconosciuta, in parte dimenticata e di sicuro a rischio estinzione.

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