«Così ho inventato dive irripetibili»

Ha quattro volte vent'anni, la testa sempre elegante e il cuore ancora giovane. Il cinema, però, suo pane quotidiano, è ammuffito: troppi artisti senza talento, zero personaggi veri, non pompati dai media alla frutta e una tecnologia che non contempla il suo modo di lavorare artigianale, fantasioso, pure un po' mascalzone. Naturale che Enrico Lucherini lasci la scena, visto che nulla più gli corrisponde. Ovvio che lo faccia da diva: una mostra all'Ara Pacis, dal 12 ottobre a Natale, intitolata Purché se ne parli. Cinquant'anni dietro le quinte del cinema italiano - «vabbè, gli anni sarebbero cinquantaquattro, ma 50 fa più numero», dice lo «stress agent» - e un libro dallo stesso titolo (Palombi Editore), per dare l'addio a un mondo. Un mondo abitato da irripetibili come Luchino Visconti, Federico Fellini, Silvana Mangano, Carlo Ponti e cento altri che fecero grande il nostro cinema. Enrico Lucherini, l'inventore d'un mestiere oggi affidato ad anonimi comunicati stampa via email, è un pozzo di San Patrizio: basta scavare.
Quest'anno, niente Mostra di Venezia: non si diverte più?
«La noia piemontese è calata sulla Mostra e a me quel listino non interessa. Ho vissuto con Rina Morelli e Paolo Stoppa, Patroni Griffi e Antonioni, Fellini, Cristaldi. Oggi il livello di eleganza e di attrattiva è da Festival di Cattolica. Dove sta una giovane Grace Kelly? Dov'è una Bette Davis?».
È vero che ha cominciato a inventarsi i lanci promozionali dei film dopo lo scoppio della bomba atomica?
«Quando cadde la bomba, lessi su un rotocalco che qualcuno ci aveva appiccicato su una decalcomania di Rita Hayworth. Chi e perché l'aveva fatto? Evidentemente, qualcuno che lavorava per la rossa esplosiva, un press-agent. Mi tuffai nelle letture del gossip americano: le liti tra Bette Davis e Olivia De Havilland, che detestava sua sorella, Joan Fontaine. Quel pianeta mi affascinava, sentivo che dovevo farne parte. Sofia Loren mi spinse a cercare “la” foto de La Ciociara, che per lei doveva essere quello che fu, per Anna Magnani, la foto in cui Anna corre dietro alla camionetta in Roma città aperta».
La prima «lucherinata», cioè una bufala promozionale ad hoc, a quando risale?
«Al 1965: Luchino Visconti allestiva Il giardino dei ciliegi di Cechov e voleva distinguersi da Giorgio Strehler a ogni costo. Inventai che lui, perfezionista assoluto, aveva fatto venire autentici ciliegi in fiore dal Giappone. Erano di cartapesta, su scenografia di Pizzi, ma se la bevvero».
L'ultima sòla divertente?
«Risale a quattro anni fa, con la miniserie tv Rebecca, la prima moglie. Volli una copertina per Mariangela Melato, con i capelli bruciati da un finto incendio. Vennero i pompieri per davvero e lei ebbe le sue foto, tutta bruciata: pareva morta».
Oggi un certo modo di pompare gli eventi non incanta più, il pubblico è smaliziato. O no?
«Dipende tutto dai direttori dei giornali, che ci stanno sempre: per Orgoglio, girato in Africa, m'inventai che Elena Sofia Ricci era stata sbranata da un leone. Facemmo un fotomontaggio per Dipiù e quella foto funzionò. A me, invece, non funziona Belén, Minetti, quella roba lì».
In che senso, «quella roba lì»?
«Belèn,col fidanzato ballerino... I duelli tra star sono altro».
Per esempio?
«Il vero odio tra la Loren e la Lollo. O le risse tra la Lollobrigida e Francesca Dellera. Al lancio de La romana, la Lollo disse: “Per colpa di quella lì, ho dovuto doppiarmi”. E la Dellera: “Signora, si è doppiata perché si sentiva il suggeritore”. Quelle erano risse vere».
Internet ha distrutto un certo modo di comunicare?
«Decisamente. I lanci ora arrivano dalle agenzie e tutto viene ripreso, in modo violento, dalla rete. All'epoca de Il Gattopardo, arrivai a Cannes e mi accorsi che, accanto all'albergo, c'era un circo. Mi procurai un gattopardo, gli facemmo un'iniezione calmante e la Cardinale sfilò sulla spiaggia, elegante e fiera. Quando andavo in piscina da Cristaldi, alla domenica, trovavo gente eterogenea, che parlava di tutto. Oggi, nessuno parla più. Stanno chiusi in casa».
Anche Agostina Belli ebbe un'iniezione calmante, per fare una scena nei Settanta?
«Sul set di Sepolta viva, 1973. Doveva restare schiacciata sott'acqua, in una cella. La scena venne benissimo, ma io la ributtai in acqua, per avere qualche scatto diverso. Il regista Aldo Lado si tuffò perché lei annaspava e chiamai veramente l'ambulanza. Avevo un amico al Policlinico e gli chiesi di farmi fare un verbale dal medico. Agostina mi si avvicinò,sussurrando: “Enrico, la siringa no”. “La siringa, sì”, le risposi.

Fu subito Valium, lei “partì” e avemmo servizi stupendi».
C'è un'ultima diva?
«Sabrina Ferilli: è magnifica».
La Dolce Vita, oggi?
«Quella di Formentera? O quella di Ibiza? Meglio andare in una piscina comunale!».

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