Se da oltre sessant'anni esiste un genere letterario come il police procedural lo si deve alla felice intuizione di uno scrittore italo americano come Salvatore Lombino, che nel 1956 decise di inaugurare la serie di storie da lui dedicate all'immaginario 87° Distretto. Romanzi che ci mostrano in azione in maniera corale un gruppo di poliziotti di varia estrazione, alle prese ogni volta con casi diversi e criminali di ogni sorta. Una varia umanità alla quale Lombino ha dato vita, sottolineando non solo i caratteri ma spesso anche le etnicità diverse. All'epoca lo scrittore aveva già assunto vari pseudonimi come quelli di Richard Marsten e Hunt Collins, ma era stato soprattutto il nome de plume Evan Hunter a cambiargli lo status di narratore, portandolo a siglare un superbestseller come Il seme della violenza.
Sarebbe stato facile sedersi sugli allori. E invece Lombino decise che era il momento giusto per trovare una strada nuova e, oltre a crearsi una nuova identità letteraria dietro la sigla di Ed McBain, affrontò con coraggio anche la costruzione di una nuova serie di romanzi che avrebbero avuto la caratteristica non solo di essere seriali, ma che avrebbero anche proposto ai lettori una pluralità di personaggi e non un singolo investigatore. Il banco di prova delle sue intuizioni fu il romanzo Odio gli sbirri, pubblicato nel 1956 e tradotto nella sua prima versione italiana con il titolo di L'assassino ha lasciato la firma. Ad esso avrebbero fatto seguito altre 55 storie, l'ultima delle quali Traditori, pubblicata postuma nel 2005. La casa editrice Einaudi ha deciso in questi giorni di ripubblicare quel romanzo e il successivo Fino alla morte (1959), affidando la presentazione di questi classici del poliziesco a Maurizio De Giovanni. Lo scrittore napoletano ha sempre dichiarato pubblicamente che le storie di Ed McBain gli hanno cambiato la vita e sono state la fonte primaria di ispirazione per il suo fortunato ciclo dei Bastardi di Pizzofalcone. E se nella prefazione a Odio gli sbirri il papà del Commissario Ricciardi racconta nello specifico come arrivò a scoprire sulle bancarelle i romanzi dello scrittore americano, nell'introduzione a Fino alla morte spiega invece il valore fondato delle storie dell'87° Distretto per la letteratura di suspense internazionale. «McBain costruisce la sua squadra sulla strada analizza De Giovanni ed è questa la grandissima intuizione. Persone normali, spesso persino antipatiche; gente che lavora e porta inevitabilmente il lavoro a casa, come porta al lavoro altrettanto inevitabilmente i problemi di casa. Tipi differenti, giovani e anziani, introversi e caciaroni, inclini alla violenza o in possesso di una pazienza immensa. Gente che cammina per chilometri senza fermarsi, che si apposta per ore, che interroga decine di persone, che percorre lunghe piste che non arrivano a niente o che si vede dal cielo soluzioni inaspettate. Gente umile, che cerca con difficoltà di arrivare a fine mese, che trascina sulle spalle sentimenti grandi e piccole fobie».
Odio gli sbirri e Fino alla morte sono da questo punto di vista due romanzi esemplari per comprendere il talento narrativo di McBain e la sua capacità di congegnare storie. Nel primo uno spietato killer fa strage di agenti di polizia mentre un caldo serrato soffoca l'immaginaria città americana in cui è ambientata la storia, un'afa terribile che in qualche modo acuisce la situazione disperata e opprimente delle vicende. Nel secondo libro per la prima volta vengono enucleate le vicende personali della famiglia del detective Steve Carrella, che il giorno delle nozze di sua sorella Angela scopre che il suo futuro sposo Tommy è un possibile candidato all'obitorio.
Rilette a distanza di anni le storie di McBain non sono affatto invecchiate, hanno ritmo e presentano caratteri e situazioni esemplari. Ed è stata felicissima l'intuizione dello scrittore di non identificare in maniera specifica i luoghi della sua narrazione, perché questo ha permesso di non datare in nessun modo la sua produzione.
L'87° Distretto viene così piazzato a Isola, che come spiega Maurizio De Giovanni è un quartiere di una città immaginaria, per costruire il quale McBain decide di ruotare di novanta gradi la reale pianta di Manhattan: «Rinomina gli altri quartieri mantenendo vaghe assonanze, carpendone e descrivendone anime e identità... Non è la città in sé che è materia di narrazione ma il rapporto che gli abitanti hanno con essa, un luogo che accoglie e abbraccia come le fauci di un'orca assassina».
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