Cultura e Spettacoli

Così Koch dirige un regista misantropo nella trappola della giovane "Diva Sophia"

Lo scrittore olandese racconta di un anziano e burbero direttore che vuole girare un film con l'irresistibile figlia di un amico. Ma saranno guai...

Così Koch dirige un regista misantropo nella trappola della giovane "Diva Sophia"

Gli uomini di una certa età che fanno gli scemi con le ragazzine mettono tristezza alle donne di una certa età e alla maggioranza degli altri uomini di una certa età. Anche l'espressione «di una certa età», di per sé stessa, mette tristezza, suona ipocrita e perbenista, oltre a essere il sintomo, diciamolo, di una passeggera, sottile, inconfessata invidia («ma tu guarda questo, potrebbe essere suo nonno... però lei gli sta dando corda...»). Poi ci sono alcuni uomini anziani che sulla ragazzina in questione si fanno, come si suole dire, «dei film mentali». Accade al protagonista e voce narrante del nuovo romanzo di Herman Koch dal titolo, appunto, Een film met Sophia, cioè «Un film con Sophia», che per l'editrice Neri Pozza è diventato Diva Sophia (pagg. 256, euro 18, traduzione di Laura Pignatti).

Stanley Forbes ha passato i 60 e si fa un film mentale su Sophia, 16-17enne figlia di un suo amico scrittore, proprio mentre sta girando un vero film con Sophia, perché lui è un regista molto apprezzato, anche se non ricambia l'apprezzamento del pubblico. «Dopo i primi tre film, l'interesse nei confronti delle opinioni altrui diminuisce gradualmente, e alla mia età quell'interesse è proprio scomparso del tutto», pensa, spalmato sul divano della sua casa nella sua Amsterdam, dove è tornato da poco dopo aver frequentato a lungo il mondo dorato di Hollywood. «A volte non c'è musica più soave della delusione di un altro», aggiunge una manciata di pagine dopo. Il vecchio Stanley ha un problemino e un problemone. Il problemino è facilmente risolvibile, dando buca con una scusa qualsiasi agli amici che lo aspettano, il giorno dopo, per fare Capodanno insieme. Il problemone, ovviamente, è Sophia.

Quando la vide la prima volta era una frugoletta quasi in fasce, ma dopo che l'ha vista la seconda volta... Bellissima, dolcissima e, soprattutto, molto spontanea. Stanley non fa lo scemo con Sophia, tutt'altro. Ha semplicemente un'illuminazione: ecco la protagonista del mio prossimo film. Un film di cui non sa ancora nulla, tranne il fatto che ci deve essere Sophia, assolutamente. Ottenuto il sia pur titubante benestare dei genitori di lei per coinvolgerla in quell'avventura che richiede un paio di mesi all'estero, fra Thailandia e Australia (una prova di «anno sabbatico» durante le vacanze estive della liceale), sceglie sulle prime di calarsi nella parte del nonno simpatico, tutto saggezza e innocenti trasgressioni concesse alla nipotina. Forse la situazione prenderebbe una piega morbida, rassicurante e positiva per tutti se a Stanley non venisse pressoché imposto dal produttore di inserire nel cast uno stagionato ma ancor piacente attore con il quale ha già lavorato, ma senza stimarlo, addirittura di tre anni maggiore di lui. Specchiandosi nella vecchiezza ben gestita dell'altro, il Nostro lo considera un avversario da battere, ma non con l'arma della seduzione, bensì con quella della professionalità.

Urge fare un passo indietro a beneficio dei lettori. Non fatevi ingannare dalla chiusura del primo capitolo, non traetene subito delle conclusioni. Anche perché quella sera lì i giochi si stanno per chiudere e la narrazione-confessione di Stanley è tutta volta a ritroso, con digressioni sul provincialismo del cinema olandese (si tenga presente che Koch è anche attore...), sulla meschinità di chi vede la «discriminazione» in qualunque cosa non sia un banale stereotipo, sui fantasmi del collaborazionismo con i nazisti durante la Seconda guerra mondiale, sul turismo come non luogo dell'anima. Alla fine, sì, «Ritorno a casa» sarà un successo, questo possiamo dirlo, e lo sarà anche Diva Sophia, soprattutto grazie a quella ragazzina che, da non-lolita e da non-attrice, svolge alla perfezione il ruolo di motore immobile. Il ruolo della giovinezza: imprevedibilità, ingenuità, libertà.

Così all'anziano regista, ora gravato da un nuovo dolore che si somma a quello custodito gelosamente e al quale si sovrappone quasi come un calco (o come un remake), non resta che puntare la sua vita, e la sua telecamera, altrove.

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