L'Elisa che non ti aspetti è attorcigliata intorno a Sebastian, che ha cinque mesi e un po' di tosse, e sta aspettando un omogeneizzato. C'è molto di lui, di questo pupo con gli occhi azzurrissimi, nel nuovo disco L'anima vola, che peraltro è stato inciso prima che nascesse. «Ho terminato le registrazioni un anno fa ma mi riconosco ancora in queste canzoni, che sono materne e combattive allo stesso tempo». Milano, hotel del centro. Elisa, che appena può indossa un paio d'occhiali dalla montatura nera, ha aspettato quattro anni prima di incidere il suo disco più completo finora, e non solo perché ci sono collaborazioni con Ligabue, Tiziano Ferro o Giuliano Sangiorgi di Negramaro. Oppure perché la sorprendente Ancora qui (con accenno a Per Elisa di Beethoven) è stata scritta su musica di Morricone per Django unchained di Tarantino. «Volevo proprio incidere questo album: quando hai una famiglia, ti aspetti che il tuo lavoro sia un distacco completo, un'emozione fortissima», dice lei. E gli occhi le brillano quasi fossero quelli di un neonato in braccio alla mamma.
Perciò, cara Elisa, l'ha intitolato L'anima vola?
«Il volo di un'anima inizia (anche) quando c'è equilibrio nella propria vita».
Ma il rischio poi non è un atterraggio troppo brusco?
«No, l'anima vola quando non è ebbra. E' lucida e consapevole».
E ispirata.
«L'ispirazione vive di vita propria. Al massimo si può cercare di farla decollare meglio possibile».
Stavolta come ha fatto?
«Ero molto concentrata, ho tolto tutti i miei filtri, volevo autostupirmi. Anche perché percepivo come vecchie le canzoni che avevo inciso fino a quel momento. Perciò ho azzerato tutto, e mi sono messa a cantare in italiano. E ho anche evitato di utilizzare quasi tutto il materiale che avevo già composto».
Quasi tutto?
«Ho conservato la melodia di E scopro cos'è la felicità che ha una profonda radice soul: mi ricorda Phil Spector e le Ronettes che sono miei idoli. E così Tiziano e io siamo finalmente riusciti a collaborare».
Con Ligabue l'aveva già fatto.
«Ha scritto A modo tuo pensando a una mamma. E io l'ho cantata pensando (anche) alla sua neo moglie Barbara».
E Giuliano Sangiorgi?
«Ha scritto il testo di Ecco che sopra una musica che avevo composto io».
È finito nella colonna sonora di L'ultima ruota del carro di Giovanni Veronesi.
«Ho composto tutta la colonna sonora. In realtà all'inizio gli avevo proposto Life so pretty, ma era in inglese e quindi non si amalgamava bene con il film, che ha temi, personaggi e ambientazioni profondamente italiani. Perciò io e lui ci siamo guardati e ci è venuto spontaneo pensare a Giuliano».
Elisa, lei sembra sempre più libera e spontanea. C'è un brano nel disco che si intitola Maledetto labirinto.
«È l'orgoglio, quella cosa che ti obbliga a non scendere mai a compromessi».
Ecco.
«Ci vuole tanto tempo per arrivare a queste considerazioni».
Lei ha detto che per i giovanissimi i talent show sono un'arma a doppio taglio perché costruiscono un'altra apparenza ai cantanti.
«Credo siano soprattutto riduttivi dal punto di vista del repertorio scelto. E poco lungimiranti dal punto di vista economico perché spesso non contribuiscono a costruire una carriera ma solo a farla decollare».
Elisa invece ha seguito la strada discograficamente canonica.
«Cerco di non smettere mai di crescere. Il disco in italiano lo dimostra».
Dicono che prenda ancora lezioni di canto.
«Eggià, prendo lezioni di cosiddetto canto in mix, che mescola i registri di falsetto e voce piena quando si affrontano le note di passaggio come il sì e il mi».
In effetti nelle sue nuove canzoni la voce di Elisa ha un colore diverso.
«Invecchiando, la voce cambia soprattutto di tono. Io pensavo di essere diventata contralto, invece sono ancora soprano».
Chissà dal vivo.
«Posso dire una cosa?».
Prego.
«Inizierò il tour a marzo. Ma mi sono stancato del palco tradizionale.
Un palco frammentato?
«Per far capire quanto sono diventata poliedrica».
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