Dalla Darclée a Callas e Tebaldi. Tutte le sfumature di "Tosca"

L'opera di Puccini apre la stagione milanese dopo il debutto nel 1900. La grande sfida di Anna Netrebko

Dalla Darclée a Callas e Tebaldi. Tutte le sfumature di "Tosca"

«Tosca è opera che richiede una donna molto drammatica e un buonissimo baritono». Così Giacomo Puccini, in una comunicazione al barone Angelo Eisner Eisenhof, suo amico ed agente nella vita culturale viennese, sperando (invano) di presentare subito Tosca all'Opera imperiale di Vienna, metteva il dito nel punto più delicato per realizzare la sua nuova opera: la scelta degli interpreti giusti per le parti di Tosca e Scarpia. «Drammaticità» significava non solo tessitura della voce, ma capacità di entrare in un personaggio teatrale unico per intensità e sfaccettature. Floria Tosca è una cantante famosa, una donna gelosa, capace di lottare fino ad uccidere per salvare il suo amante.

La «bontà» del baritono si misura nel non caricare i tratti del capo della polizia papalina, un nobile freddo e sadico, inebriato dal potere. Il libretto lo dipinge perfettamente: nel suo palazzo-ufficio-alcova di Palazzo Farnese fa il libertino, il confessore e il boia.

Per il battesimo assoluto al Teatro Costanzi di Roma nel 1900, la città dove si svolge l'opera, Puccini e il suo editore Giulio Ricordi scelsero il soprano romeno Hariclea Darclée (nome d'arte di Harcly Hartulary), che entrò subito nella parte della Diva. Ricordi durante le trattative per il battesimo di Tosca alla Scala aveva indicato subito la Darclèe come protagonista, la quale «ebbe la tolla di chiedere LIRE QUATTROMILA!!!! per sera!!! Questo è il bel regalo che fa a Lei, per averle fatto un onore troppo grande, col preferirla».

A Roma, nonostante 17 recite e un incasso regale di 160.000 lire, l'Autore parlò di «esecuzione manchevole», per il nervosismo di un allarme bomba che creò il «panico» e la mutata acustica del Costanzi. Le recite alla Scala furono per l'Autore superiori alle romane, forse perché sul podio non c'era l'amico carissimo «Popi» Mugnone, ma il fuoriclasse Arturo Toscanini. Perfino l'interprete del ruolo chiave di Scarpia, il baritono Eugenio Giraldoni, «è molto più efficace molto di più: in questo benedetto Teatro fanno più figura che negli altri teatri».

Sulla parte di Tosca, le grandi soprano del tempo, a partire da Emma Carelli, si buttarono in picchiata. Quando avevano esaurito le risorse vocali, facevano ricorso a lacrime, pianti, urli, a tutto un repertorio «a strappacore» che contribuì non poco a diffondere il pregiudizio che Tosca fosse un'opera di «effettacci», mentre erano solo i malvezzi dei cantanti a fraintendere le indicazioni dell'Autore.

Perfino una voce di straordinaria bellezza, come quella di Renata Tebaldi, indulgeva in uno di quegli «effetti». Un neo se rapportato a un'interpretazione giustamente rimasta negli annali. Nella scena cruciale del secondo atto, quando, sollevato il braccio di Scarpia, Tosca sfila dal petto del cadavere il salvacondotto che significa libertà per il suo Mario, esclama il famoso «E avanti a lui tremava tutta Roma!». Puccini scrive quel «declamato» sulla stessa nota (un do diesis centrale). Era però uso - e anche la grande Renata aveva imparato così - di pronunciarlo «parlato», con effetto filodrammatico deplorevole. Durante le prove della sua storica rentrée alla Scala nel 1958, quasi alla fine del regno della Callas, la Tebaldi fu convinta a mutare d'avviso. Cantò come Puccini aveva scritto le ultime parole del secondo atto. L'indomani ricevette un telegramma dall'insigne critico musicale Teodoro Celli: «Grazie per avanti a lui tremava tutta Roma, sulla nota».

Particolari esecutivi che non interessavano il popolo dei fan, preoccupato che la rivale Maria Callas, non profanasse i ruoli che erano della Tebaldi. Allora quasi tutti negavano alla Callas di aver saputo portare la sua intelligenza musicale e teatrale in Puccini e nel teatro cosiddetto verista. Come si confacesse la «scenica arte» di Floria Tosca alla Callas si può ascoltare in quella che Leonard Bernstein definì non solo la migliore incisione di Tosca, ma una delle più belle incisioni d'opera di tutti i tempi, diretta con le forze artistiche della Scala da un Victor De Sabata in stato di grazia.

Anna Netrebko, la Tosca che aprirà la stagione 2019-20 della Scala, non ha nulla da invidiare per bellezza e colore vocale alle sopracitate leggendarie Tosche.

Senza dubbio il critico musicale non sarà costretto a omettere il giudizio sulla sua prova come capitato in passato a un collega che scrisse che la protagonista prima di passare soprano pare cantasse da mezzo-soprano. «Aspettiamo a parlarne quando canterà da basso».

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