È davvero il sigillo finale all'epoca d'oroil commento 2

di Paolo Giordano

Qualcuno penserà male, figurarsi. Sono le solite furbate - diranno - per raccattare qualche soldo in più. Si (ri)pubblica il capolavoro della vita per portarsi a casa lo stipendio. Per carità. A pensar male ci si azzecca spesso, ma non sempre. Difficile credere che Deep Purple (100 milioni di copie vendute) o Led Zeppelin (300 milioni) abbiano bisogno di spiccioli per arrivare a fine mese. Idem Oasis (70 milioni) o Bruce Springsteen (120 milioni e oltre 1 miliardo e mezzo di dollari guadagnati): sono tutti ben più ricchi di quanto una persona normale possa immaginarsi. Spesso quindi le ristampe sono soltanto scelte strategiche per riempire un vuoto. O, come pare il caso degli Oasis e di altri, sono una decisione che prescinde dagli artisti. Di certo per i fan sono chicche che niente, tranne la passione, obbliga a comprare.

Ma in molti casi sono più che altro una sorta di testamento artistico rispolverato grazie alla tecnologia. Una fase, condivisibile o meno, che però è destinata a chiudersi presto. A meno che qualcuno davvero possa immaginare che tra 40 anni possa avere senso il «remastering» di un disco di 50 Cent.

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