"Il disco a sorpresa per rompere gli schemi rigidi del pop di oggi"

"Il disco a sorpresa per rompere gli schemi rigidi del pop di oggi"

Manco volendo riesce a star fermo. A un mese esatto dal debutto del suo Jova Beach Party sulla spiaggia di Lignano, Jovanotti pubblica un Ep di sette brani (in realtà 8 con la «reprise» finale) che si intitola sempre Jova Beach Party e ha una parola d'ordine: libertà. «È un disco registrato senza pressioni», spiega parlando come sempre a cento all'ora. Lo spirito è quello delle jam session, tutto è sconfinato nel senso che non ha confini, dal funk rock di Prima che diventi giorno fino all'urban un po' trap di Vado. In più, ogni brano ha un «coconduttore» diverso, ossia sono firmati insieme con 7 produttori distinti, da Dardust a Dj Ralf fino all'onnipresente Charlie Charles: «Lo corteggio fin dal primo demo che ha fatto con Ghali», conferma Lorenzo che (anche) con queste canzoni «surferà» nei suoi show del Beach Party.

Però, scusi Jovanotti, come mai questa idea?

«Organizzare il Jova Beach Party ci fa lavorare come non mai da tanti mesi. Però, alla fine di ogni riunione, quando avevo un ritaglio di tempo, mi sono sempre ritrovato a scrivere musica».

E poi?

«E poi ho detto cazzo voglio fare un progetto così e la mia etichetta si è ritrovata d'accordo. Dopotutto è un momento nel quale bisogna sperimentare. Però non ero abbastanza concentrato per arrivare fino in fondo e quindi mi sono affidato ad altri amici».

Strano.

«È vero, di solito per me la composizione di un disco è una full immersion per mesi e mesi. Non faccio altro. Stavolta è andata diversamente».

Il Jova Beach Party sarà uno degli eventi dell'estate musicale.

«Non è un Festival, ogni volta si reinventa. Di certo, si sale sul palco all'arrembaggio e la prima sera sarà decisiva perché è un appuntamento al buio».

Perché?

«Perché questo è un format nuovo e aperto, una sorta di concerto hippie che vuole rompere un meccanismo ormai irrigidito nel quale si è ritrovata la musica. E io volevo rompere gli schemi».

Ma perché fare addirittura un tour con tante date? Non sarebbe stato altrettanto «dirompente» con meno date o tutte nello stesso posto?

«In realtà quando mi è venuta l'idea, pensavo di fare meno concerti. Ma poi il mio promoter Maurizio Salvadori di Trident ha pensato di farne molte di più e io mi fido di lui da sempre. Dopotutto è il promoter con più esperienza in circolazione, era già in giro con i Pooh e i Rockets negli anni '70».

E i nuovi brani saranno in scaletta?

«Li ho pensati anche per questo, per inserirli nel party che faremo tutte le sere».

Anche se siamo nell'epoca del «tutto nuovo a tutti i costi» ci sono riferimenti a musiche e sonorità del passato.

«Credo che ormai le regole siano saltate. Mi spiego: non è che il più moderno sia necessariamente anche il più figo. Ci sono altri metri di valutazione».

Quindi è finita la corsa alla novità a prescindere?

«In fondo è una corsa ansiosa e ansiogena».

Però ormai la presenza delle popstar è imposta freneticamente.

«Sì, questo è vero. Una volta se un artista si prendeva una pausa, il pubblico si chiedeva dove fosse finito. Oggi rischia di dimenticarselo e di concentrarsi su altri. Ma non può essere una schiavitù, è un aspetto con il quale convivere serenamente».

A proposito di serenità, la copertina fa venire in

mente la West Coast, la corsa verso le vacanze.

«A me fa venire voglia di andare al mare. Mi ricorda mio zio, quello bello della famiglia, che aveva la spider e faceva come Verdone in quei film degli anni Ottanta...».

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