Cultura e Spettacoli

"Il disprezzo del mondo" di Erasmo è un atto d'accusa contro i falsi cristiani

L'opera, omonima di quella di Innocenzo III, è un elogio della vera devozione

"Il disprezzo del mondo" di Erasmo è un atto d'accusa contro i falsi cristiani

C'è dell'ironia nella richiesta che il monaco Teodorico di Haarlem rivolge a un ancora giovane Erasmo da Rotterdam: scrivere al riottoso nipote Iodoco per indurlo a entrare in monastero. A dire il vero Erasmo, nella sua bibliografia, usa un'espressione più colorita: «cercava di catturare suo nipote per buttarlo nella rete».

Perché Erasmo, ventenne, era entrato novizio nel convento agostiniano dei Canonici Regolari di Steyn nel 1487 e i sei anni lì trascorsi non erano stati dei migliori. Non aveva apprezzato il cenobio e di sua sponte non avrebbe invitato alcuno ad entrarvi. Egli viveva per lo studio, giudicava i suoi compagni rozzi e ignoranti e quell'esperienza rimase per lui una parentesi amara, da cui era riuscito a sfuggire con la dispensa a portare l'abito talare. La richiesta di Teodorico dovette sembrargli bizzarra, tuttavia accettò di scrivere una lunga lettera, destinata a diventare una delle sue opere più apprezzate: De contemptu mundi, ossia Il disprezzo del mondo, di cui è appena uscita una nuova edizione a cura di Carlo Carena per le edizioni La vita felice (pagg. 224, euro 16). Il titolo non è casuale: De contemptu mundi è il capolavoro di Papa Innocenzo III, quello della crociata contro gli albigesi, ed è una severa reazione al cedimento all'edonismo cortigiano del XII secolo. Una frase divenuta celebre ne riassume il senso: «l'uomo è putredine e il verme è il figlio dell'uomo».

Niente a che vedere con l'opera del raffinato umanista di Rotterdam, di cui Carena rintraccia i precedenti soprattutto nei classici, come Luciano e il generale Vestricio Spurinna. Insomma, trattasi più di un elogio dell'otium latino che non dell'ora et labora benedettino e vi si respira l'atmosfera del Rinascimento. Anziché condannare il mondo, Erasmo esalta ciò che di buono vi è nella vita ritirata: la solitudine può essere un'ottima compagnia, se vi sono buoni libri e pochissimi amici selezionati a spezzarne il silenzio. Enigmatico, anziché avvalorare del tutto la tesi di Innocenzo III sulla malvagità dell'uomo e sulla corruzione del peccato originale, Erasmo «ci fa garantire un orto che le esclude perché orribili e fastidiose», scrive Carena.

Del resto se le passioni e la sete di ricchezze e onori inquinano la vita mondana, il monastero non è l'Eden e, scrive l'umanista da Rotterdam, non sono le «orazioncine» a fare un buon cristiano, ma «la fede e le opere di carità».

Commenti