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"Donne in affitto, cloni e crolli: la nostra vita è in piena Evolushow 2.0"

Il comico romano è tornato con il suo spettacolo figlio della cronaca. E di una realtà surreale

"Donne in affitto, cloni e crolli: la nostra vita è in piena Evolushow 2.0"

Come fa l'uomo moderno a rispondere alle eterne domande sull'esistenza? Chi siamo? Donde veniamo? E dove andiamo? «Semplice dice Enrico Brignano -, basta guardare su Internet». E poiché nulla si crea e nulla si distrugge, ma tutto si trasforma, ecco come il super-tecnologico e già applauditissimo Evolushow del comico romano (fino al 5 marzo all'Auditorium Conciliazione a Roma, dall'8 al 20 marzo al Teatro Nazionale di Milano), secondo il linguaggio informatico si è aggiornato in Evolushow 2.0.

Dunque Brignano: anche Evolushow è in evoluzione?

«Per forza. Innanzitutto si è compattato in MP3: prima era in due tempi da tre ore; adesso in un tempo solo da quasi due. Ma la sostanza non cambia: si tratta sempre di riflettere sul fascino e l'orrore della tecnologia, di cui tutti siamo schiavi. E vittime. La clonazione, ad esempio. Pensa che comodità, quando anche quella umana sarà d'uso comune. Dal dentista o dal commercialista ci mando il mio clone, al posto mio. Il problema sarà solo lo spazio: dove ci metteremo sulla Terra, una volta che saremo tutti raddoppiati?»

.L'altra volta se la pigliava con la tecnologia applicata alla realtà quotidiana. Cioè col telefonino.

«Perché la realtà è come gli uomini: cambia, evolve. La realtà muta. Gli uomini no, non sono muti. Gli uomini parlano (le donne di più); e parlano al telefonino. A questo punto prevedo una mutazione genetica. Dovrà per forza spuntarci una terza mano: se la prima è perennemente occupata al cellulare, solo con un'altra come facciamo a fare tutto il resto?».

E sollevando lo sguardo oltre le miserie terrestri?

«C'è il problema dell'inquinamento spaziale. Sopra le nostre teste attualmente girano seimila satelliti. Di cui solo un migliaio attivi. Tutto il resto è monnezza cosmica. Si fa presto a dire: ci penseremo. Ma quando arriverà il momento, se ancora si tratterà di raccolta differenziata, dove li butteremo? Nell'umido? Nel residuo secco? Sono problemi».

Torniamo sulla Terra. Il Parlamento discute di unioni civili e adozioni da parte dei gay.

«Una volta per fare un bambino ci volevano un uomo e una donna. Incredibile, vero? Oggi invece bastano anche due donne. Oppure due uomini, ma con una donna presa in affitto. Solo per nove mesi, eh? Non è una gran spesa, in fondo. Conviene».

Ultimamente si discute molto anche di denaro.

«Di denaro contante, però; che è diventato fuorilegge. Se hai molti soldi in tasca rischi d'essere abbattuto. Non dai poveri: dal fisco. Se una nonna vuol regalare 1000 euro al nipotino, prima deve uccidere il marito, e ottenere la reversibilità della pensione; quindi vendersi due denti appena rifatti e l'anca al tungsteno appena impiantata; infine farsi rilasciare dal nipotino una fattura con ricevuta fiscale, se no la Finanza cala giù dal camino travestita da renna di Babbo Natale, per sequestrargli il trenino e l'orsacchiotto di pelouche».

E a proposito di soldi, inevitabile sarà finire sulle banche...

«Anche loro si sono evolute. Vendono i propri debiti. Scommettono addirittura sul fatto che non potranno mai pagarli. Non vendono più ricchezza insomma - ma povertà. Un affarone».

Veniamo alla sua città. A Roma. Dove ultimamente crollano anche i palazzi.

«Ah, ma il problema dei palazzi alti ce l'aveva anche Traiano, nella Roma antica. Solo che allora all'attico ci stavano i poveri. Oggi invece i ricchi. Che ai palazzi tolgono i muri maestri. Perché? Perché in un mondo in cui la maggior parte dei maestri è supplente, i supplenti si possono anche togliere di mezzo. E allora via: togliamo di mezzo anche il muro maestro, no?».

Scherzi a parte: nel palazzo semi crollato c'è anche il Teatro Olimpico, dove recitava il suo collega ed amico Max Giusti...

«Quella dell'Olimpico sembra una metafora della cultura teatrale in Italia. Casca a pezzi.

Non è dissimile dall'implosione del teatro Valle, chiuso e mai più riaperto, o del teatro Eliseo, chiuso e riaperto in extremis. Quanto a Max, ha abbastanza forze e talento per reagire alla disgrazia. Ma se avesse troppe difficoltà... mi faccia un fischio. Gli do una mano io».

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