Cultura e Spettacoli

"Da dottoressa in tv racconto il dolore e la speranza in corsia"

L'attrice è protagonista di "Doc" su Raiuno: "È ispirato alla realtà e promuove il riscatto"

"Da dottoressa in tv racconto il dolore e la speranza in corsia"

Non stupisce che da piccola sognasse di fare il medico. E che solo un esame sbagliato gliel'abbia impedito. Ora che, in qualche modo, medico lo è diventata (sia pure solo come attrice) Matilde Gioli analizza con sicuro intuito il senso profondo di un mestiere drammaticamente attuale. Grazie a Doc Nelle tue mani (trionfo per Raiuno prodotto da Lux Vide: 8 milioni di ascoltatori e 29% di share la prima puntata; giovedì 16 l'ultima) la giovane attrice nei panni della dottoressa Giulia Giordano - braccio destro (e segreta amante) di quel dottor Fanti cui un incidente ha cancellato 12 anni di memoria (compresa la loro relazione) - riflette sulla singolare coincidenza tra i significati della serie tv e la realtà odierna.

La prima domanda è inevitabile: felice del plebiscito di ascolti per Doc?

«Felicissima. Per me era il debutto in una lunga serie tv; per tutti il rischio che una storia ospedaliera, in giorni già così dolorosi, potesse essere rifiutata. E invece il pubblico ha capito perfettamente che Doc sonda, sì, il dolore; ma che, proprio attraverso quello, ispira la speranza. E promuove il riscatto di sé. Il che, se ci pensiamo, è esattamente quanto ci suggeriscono i tempi difficili che stiamo vivendo».

Eppure alcuni degli interpreti erano contrari che la serie andasse in onda proprio ora.

«Io invece lo speravo. Significava restare agganciati a quella realtà che è stata la principale fonte d'ispirazione di tutto il progetto. La riprova l'abbiamo avuta dai social: moltissimi medici ci scrivono per ringraziarci del modo realistico, mai retorico o banalmente celebrativo, con cui raccontiamo la categoria».

Prima di Doc che rapporto aveva con i medici e il loro mondo?

«Molto stretto, purtroppo. Mio padre, che ho perso un anno fa, è stato a lungo ricoverato in un reparto di neuro-oncologia. Le impressioni che ebbi allora sui dottori me le ha poi pienamente confermate il mese di training che, con Luca Argentero e tutti gli altri interpreti di Doc, abbiamo fatto presso il Policlinico Gemelli di Roma. Solo se desideri realmente aiutare gli altri, puoi intraprendere con successo un mestiere simile».

E stando dall'altra parte - sia pure solo per finzione - della barricata?

«Ho imparato che, a vederla dall'interno di un reparto, la vita di fuori cambia. Penso alla solidarietà che si crea fra i parenti dei ricoverati, ad esempio. O alla simbiosi che nasce fra vicini di letto. È come la quarantena oggi imposta a tutti: ci accorgiamo di quello che abbiamo solo quando rischiamo di perderlo. E questo dà una salutare botta alla lista delle nostre priorità. Spero che tutto non si disperda quando l'emergenza sarà finita. E che ci ricorderemo di quanto abbiamo imparato nel frattempo».

Doc è giocato sul contrasto fra i ritmi serrati dell'azione e squarci intensi di umanità.

«Perché è lo stesso contrasto che si vive in corsia. Da una parte la necessità di prendere in breve tempo decisioni fatali; dall'altra quella di esprimere la propria umanità nei pochi spazi lasciati liberi dall'azione. Nonostante sia giovane, sul set noi tutti chiamavamo papà Doc il regista Jan Michelini, proprio per l'atteggiamento paterno con cui ci spingeva a intensificare con precisione millimetrica le vibrazioni degli sguardi, delle sfumature psicologiche. Dovevano fare da contrappeso alla frenesia dell'agire».

Non le chiederò se, alla fine di Doc, il dottor Fanti tornerà con sua moglie o riprenderà la relazione con Giulia. Ma lei, leggendo la sceneggiatura, per quale delle due donne faceva il tifo?

«Ogni volta che leggo un copione adotto due diversi punti di vista. Quello mio di spettatrice, e quello del mio personaggio. Inutile dirlo: nei panni di Giulia ho desiderato che Fanti tornasse da me. Ma lo confesso - da comune spettatrice speravo ardentemente che riallacciasse con sua moglie».

Dopo tanto successo Matilde Gioli si ritiene ancora un'attrice emergente?

«Dopo Il capitale umano ho continuato per sette anni a ripetermi di essere solo quella scelta per caso da Virzì. Rifiutavo di prendermi le mie responsabilità. Ora so di essere un'attrice vera.

Anche se ho ancora tanto, anzi tantissimo, da imparare».

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