Cultura e Spettacoli

Dubus racconta l'America profonda e i suoi "Vasi rotti"

Dubus racconta l'America profonda e i suoi "Vasi rotti"

Ogni casa editrice spera di imbroccare un autore che faccia «il botto», uno scrittore di best seller o, quanto meno, una voce in grado di fidelizzare uno zoccolo duro di lettori. Ed è quello che sostanzialmente è successo a Mattioli 1885 con Andre Dubus. Si scrive Dubus e si pronuncia «Dubiùs», con la S di rosa, alla francese. In fondo, lo stesso nome di battesimo, Andre, è un retaggio della famiglia cajun del padre e Andre è nato in una zona francofona della Louisiana. Da autentico scrittore maledetto, la sua vita è stata segnata da cupe difficoltà culminate con l'amputazione di entrambe le gambe dopo un incidente stradale, esperienze che emergono tra i suoi racconti.

Vasi rotti (Mattioli 1885, trad. di Nicola Manuppelli, pagg 204, euro 15), però, non è l'ennesima raccolta di racconti. Il libro mette insieme una serie di saggi autobiografici, riflessioni accorate e ciniche sulla vita e sulla società americana che si leggono come racconti. Forse perché i racconti stessi di Dubus sono a loro volta dei piccoli saggi. I temi sono gli stessi, quelli classici della narrativa a stelle e strisce: il baseball, una vera e propria ossessione americana di cui noi europei fatichiamo a comprendere l'impatto totalizzante; la caccia e le armi da fuoco, da cui Dubus, dopo lo stupro subito da una delle sue figlie, era ossessionato; le difficoltà economiche; la violenza della società americana; il viaggio. Non a caso, il racconto Schizzi ferroviari, del 1981, anticipa di un anno Strade blu. Un viaggio dentro l'America di William Least Heat-Moon, che ha fatto da spartiacque nella narrativa di viaggio statunitense. Nel suo caso, il mezzo di trasporto non è un camper ma un treno. «Viaggiare in aereo è come non viaggiare affatto». Malgrado la depressione che ha caratterizzato buona parte della sua vita, questi scritti così come molti suoi racconti sono all'insegna del cinismo, di un senso dell'ineluttabile a cui l'autore pare opporre una flebile resistenza a colpi di umorismo cupo. «Ho sempre saputo che la narrativa ha poche conseguenze sul mondo; altrimenti, molti ragazzi non sarebbero andati in guerra dopo l'Iliade.» Ma resta profondo il senso di gratitudine per le buone cose della vita, a partire dalla sentita dedica agli amici scrittori tra cui E.L. Doctorow, Stephen King, John Irving, John Updike, Kurt Vonnegut e Richard Yates per l'aiuto datogli dopo il terribile incidente.

A proposito di amici, ecco l'accorato ritratto che ce ne ha fatto John Smolens, un altro bravo autore della scuderia Mattioli 1885. «Incontrai Andre Dubus a vent'anni, quando facevo l'università a Boston e aspiravo a diventare uno scrittore. Fu mio grande amico e mentore fino alla sua morte, nel 1999. In un certo periodo (1971-72), addirittura condividemmo lo stesso appartamento. Andre fu la prima persona che io avessi mai conosciuto a parlarmi di letteratura dalla prospettiva dello scrittore. Mi spiegò non solo come si costruisse una storia, per quanto parlasse in maniera brillante degli elementi della narrativa personaggi, scene, dialoghi, trama e via dicendo ma pure cosa infondesse vita in una determinata storia, come mai una storia sembrasse avere una vita propria. Furono lezioni preziose per un giovane scrittore e mi sono rimaste impresse nel cuore.

Sapeva parlare delle storie in quel modo perché era così che le scriveva: molte di esse sembrano creature viventi, universi a sé».

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