Fast & Furious 9, quando l’eccesso denota una défaillance creativa

Il solito connubio tra humor, azione e avventura, ma il cui brio stavolta è fagocitato da aspirazioni drammatiche e da qualche momento stucchevole.

Fast & Furious 9, quando l’eccesso denota una défaillance creativa

I fan della saga Fast & Furious hanno atteso a lungo l’uscita di un capitolo, il nono, slittata a causa della pandemia ma che è ora un modo per festeggiare i venti anni d’esistenza del franchise.

Diretto da Justin Lin (già regista di tre precedenti titoli della saga), questo è il primo film della trilogia conclusiva e verrà probabilmente ricordato come quello dei nove che più si spinge oltre ogni soglia di bizzarria, fino a una scena in cui si è al volante di un’auto addirittura nello Spazio.

L’estrema cura visiva, il montaggio veloce e la spettacolarità che si fa beffe di qualsiasi legge base della fisica sono quelli di sempre, ma stavolta spuntano anche inedite ambizioni drammatiche, dando luogo a un pastiche mal amalgamato. La verità è che il parossismo di certa messa in scena denota non tanto l’apice quanto la prossimità dell’esaurimento della vena creativa.

La trama vede Toretto (Vin Diesel) ritiratosi in campagna per vivere una vita tranquilla con Letty (Michelle Rodriguez) e il figlio Brian. Pur volendo stare lontano dai pericoli, si caccia presto in un intrigo internazionale in cui è coinvolta, come suo antagonista, una persona speciale: Jakob (John Cena), il fratello con cui, a seguito di un lontano e traumatico evento, i rapporti si sono deteriorati irrimediabilmente. La loro è una rivalità dalle forti connotazioni shakespeariane. Se da un lato quindi Toretto avrà a che fare con ferite ancora aperte provenienti dal passato, dall’altro, assieme ai suoi sodali amici (la Famiglia), avrà da sventare un attentato terroristico che prevede l’impiego di un pericoloso dispositivo satellitare.

Sono tanti i flashback ambientati negli Anni ’80 destinati a rivelare dettagli sul background dei protagonisti e, più in generale, a movimentare la linea narrativa. Come in tutti i film “Fast & Furious” precedenti a questo, visivamente si punta su dettagli resi esplosivi da effetti speciali mirabolanti. L’azione è sfrenata, tutta inseguimenti e incidenti, ma talmente inverosimile che ottiene l’effetto cercato, regalare leggerezza. Del resto, nei dialoghi, si gioca a più riprese proprio su di una ipotetica immortalità della squadra.

Impreziosito da una Hellen Mirren in versione pilota pazzoide e da una Charlize Theron manipolatrice sotto-vetro alla Hannibal Lecter, il film regala intrattenimento sopra le righe, dall’esagerazione fanciullesca e che fa del caos il proprio punto di riferimento.

“Fast & Furious 9” è ciò che i fan vogliono: il tripudio dell’assurdo, qualcosa in cui incongruenze e buchi di trama sono bene accetti come caratteristici.

A questo giro, però, complice il fil rouge agrodolce inerente una relazione d’amore e odio tra consanguinei, il film oscilla continuamente tra il prendersi troppo sul serio e il suo esatto contrario. Una schizofrenia tonale che appesantisce l’insieme.

Senza contare che, in rapporto alle origini della saga, sia evidente che si possa parlare più di snaturamento che di evoluzione. Tant’è. Per chi sappia e voglia cogliere i risvolti divertenti di quello che per molti è essenzialmente uno sfoggio di sprezzo del ridicolo, “Fast & Furious 9” è il film ideale.

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