Al Festival di Locarno brilla l'italiano Fasulo con «Menocchio»

Stefano Giani

nostro inviato a Locarno

Sarà il film francese I feel good di Benoit Delepine e Gustave Kervern a chiudere stasera il festival di Locarno nella serata che emetterà i verdetti delle varie sezioni del concorso internazionale. Per l'Italia è in gara l'ottimo Menocchio di Alberto Fasulo, recitato per la maggior parte da attori non professionisti. Il gala prenderà il via in piazza Grande alle 21 quando verranno consegnate le statuette ai vincitori. Seguirà l'ultima proiezione che propone un tema di riflessione a metà strada fra il sociale e i rapporti familiari tra un fratello e una sorella, icone e simbolo di due differenti modi di concepire la vita. Il primo è un buono a nulla, alla perenne ricerca dello spunto e dell'idea che lo farà diventare ricco e gli consentirà di prosperare nel lusso. La donna, invece, lavora da tempo nella comunità Emmaus di Pau, una località francese non a caso poco distante da Lourdes.

L'incontro-scontro fra questi due personaggi, che rappresentano universi opposti, sarà lo stimolo per rispondere all'interrogativo sui valori dell'esistenza umana. Altruismo o individualismo. Ricchezza economica o solidarietà morale. Al pubblico è richiesta una risposta personale che spingerà a riconoscere e ammettere a quale chiave si intende improntare la propria etica. Locarno chiude insomma con la riflessione un'edizione che è stata decisamente più leggera di tante altre del recente passato. E questo tenore ha anche avvolto l'ultima vera giornata di proiezioni che ha visto la prima dell'unico film tedesco in competizione, Wintermärchen di Jan Bonny, che indaga il terrorismo di una cellula di estremisti xenofobi dediti alla violenza come loro unica ragione di vita, una molto attuale in Germania.

In serata, al cinema all'aperto di piazza Grande, che stasera - tempo permettendo - vedrà la passerella dei vincitori, è stato proposto Pajaros de verano che dovrebbe essere distribuito con il titolo Birds of passage, dei colombiani Cristina Gallego e Ciro Guerra.

È un racconto affascinante della nascita del cartello della marijuana in una regione sperduta del Nord dello stato sudamericano, dove una faida familiare si mescola alla rivalità tra le diverse etnie. L'intreccio spinge a considerare l'inutilità di ogni forma di conflitto, conseguente anche alle radicate e fortissime tradizioni locali, che fanno del rispetto e dell'onore concetti irrinunciabili.

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