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La fiera delle illusioni trita il sogno americano

Stan è uno spiantato, ricco di carisma. Quando si avvicina alla chiaroveggente Zeena e al marito, ex mentalista decaduto, intuisce che la strada verso la ricchezza è lì

La fiera delle illusioni trita il sogno americano

Stan è uno spiantato, ricco di carisma. Quando si avvicina alla chiaroveggente Zeena e al marito, ex mentalista decaduto, intuisce che la strada verso la ricchezza è lì. E, animato dall'avidità rapace di un sordido in cerca di successo, arriva a prendersi gioco e truffare l'alta ma non sempre raffinata società della New York anni Quaranta. Scoppierà in quel momento la guerra personale di Stan, che decide di imbrogliare un pericoloso magnate con l'aiuto della psicanalista Lilith, destinata a diventarne prima complice poi strenua rivale. Ci sono molte prospettive da cui guardare La fiera delle illusioni, in cui Guillermo Del Toro si allontana dai supereroi e soprattutto dal fantasy che gli ha regalato enormi soddisfazioni con Il labirinto del fauno ormai diventato un classico e soprattutto La forma dell'acqua, valso un meritatissimo Oscar. Ebbene, quest'ultima opera, contraddistinta dai canoni specifici del film postmoderno esibisce un'agilità sorprendente nel saltare tra generi diversi finora poco frequentati dal regista. E, dalle suggestive atmosfere dell'America anni Trenta, si entra nel noir dopo aver visitato il terreno della favola e quello dello spaccato sociale, entrambi individuabili nella sintetica analisi di ascesa e declino di una mezza tacca a caccia di dollari. Proprio qui sta il punto. L'autore racconta il mondo dei freak - nani, donne elettriche e uomini bestia - parallelamente al disintegrarsi del sogno americano e di una sorte che sembra non ammettere la possibilità di sottrarsi a un destino irrevocabilmente costruito per far precipitare l'essere umano al di sotto della bestialità. Uccide. Inganna. Imbroglia. Scanna perfino i propri simili.

E finisce deriso come un fenomeno da baraccone, in un luna park da strapazzo tra imbonitori e altri rapaci, perché perfino il contratto da uomo bestia, chiuso in gabbia come un avanzo, è a tempo parziale. Una chiave solo parzialmente ottimistica perché dopo quel recinto resta solo la discarica umana. Attenzione, però, se la realtà fa paura si può sfuggirne, guardando il film come una favola.

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