Cultura e Spettacoli

Il film del weekend: "Il Grande Gatsby"

Il nuovo adattamento del romanzo di Francis Scott Fitzgerald diretto da Baz Luhrmann e con protagonista Leonardo Di Caprio è un festival di sfarzo hollywoodiano che non sa coinvolgere nel profondo

Il film del weekend: "Il Grande Gatsby"

Baz Luhrmann, già regista di "Romeo + Giulietta" e "Moulin Rouge", ha uno stile molto riconoscibile e caratterizzato da energiche sollecitazioni audiovisive; non padroneggia però i trucchi sottili per insinuarsi nella mente e nel cuore dello spettatore. Il suo adattamento del classico quanto complesso romanzo "Il Grande Gatsby" è un film che sacrifica al frastuono sensoriale ogni coinvolgimento emotivo profondo.

L'opulenza della messa in scena attirerà in sala un vasto pubblico, soprattutto di giovani desiderosi di imbucarsi a una festa memorabile come quelle date dal protagonista del film; ma chi ha amato il capolavoro di letteratura americana di partenza, stenterà a ritrovarne la sostanza. Nella primavera del 1922 il giovane Nick Carraway (Tobey Maguire), aspirante scrittore laureatosi a Yale, si trasferisce a Long Island in un cottage confinante con la villa di un misterioso milionario che è solito organizzare feste grandiose, Gatsby (Leonardo Di Caprio). Sua cugina Daisy (Carey Mulligan), vive sulla sponda opposta della baia ed è sposata a un ex giocatore di polo appartenente a una famiglia nobile, il ricchissimo e fedifrago Tom Buchanan (Joel Edgerton). Quando Nick viene a sapere che Gatsby e Daisy hanno condiviso in passato una storia d'amore, accetta di fornire il pretesto affinché i due possano incontrarsi di nuovo.

Lo sguardo originale e contemporaneo che il film ha di una società festaiola che danza sull'orlo del precipizio, funziona. I protagonisti, col loro stile di vita eccessivo fatto di manipolazioni emotive e cinismo consapevole, si muovono in cornici disneyane e hanno un fascino ammaliante e allo stesso tempo respingente in cui si legge il preludio alla tragedia.

Tra fiumi di alcool e valori marci, il sogno americano è ritratto alla soglia del suo declino e ne siamo testimoni grazie alla narrazione di Nick che filtra per noi il racconto.

Si è travolti da brani musicali anacronistici come quelli di Jay-Z, scelta audace cui in troppi hanno imputato irriverenza: l'accostamento di musica moderna alle atmosfere Anni Venti serve a trasmettere allo spettatore attuale le sensazioni inebrianti che aveva il jazz sui fruitori dell'epoca. Il problema è che tutto è esteriorizzato e non c'è traccia delle allusioni silenziose e amare che rendevano potente il libro; se non in quella luce verde che da lontano incarna speranza e illusione e una volta vicina illumina solo l'indifferenza di chi è immerso nella ricchezza.

La bravura di Di Caprio è indubbia ma il film fa sembrare il suo Gatsby preda di un'ossessione malata più che di un grande sentimento. Tra i coprotagonisti brilla per fascino la campionessa di golf interpretata da Elisabeth Debicki. Anche l'arrogante consorte di Daisy incarnato da Joel Edgerton ha la giusta presenza. Delude invece Maguire, prigioniero per tutta la pellicola di un'espressione inebetita che mina la sua credibilità nei panni dell'intellettuale Nick.

A conti fatti, la visione di questa giostra costata centoventi milioni di dollari, (in cui il 3D è un inutile sovrapprezzo), non è sconsigliata purché si sappia che il cinema che fa sognare è un'altra cosa.

Questo è un prodotto d'intrattenimento sapiente e furbescamente moderno in cui si è intenzionalmente piegato alle logiche di mercato un romanzo di appeal senza tempo.

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