Cultura e Spettacoli

Esclusi e odiati dai radical chic: i traditi del "sogno americano"

La deindustrializzazione, la globalizzazione e le droghe: ecco l'America depressa e sconfitta a cui nessuna dà voce. Lo hanno fatto J.D. Vance (con un libro) e Ron Howard (con un film)

Esclusi e odiati dai radical chic: i traditi del "sogno americano"

C'è un'America depressa che il mainstream non si sforza mai di raccontare. È un'America contadina, ai piedi degli Appalachi, che la new economy e la deindustrializzazione hanno messo in ginocchio gettandola in una spirale di povertà e disagio sociale senza precedenti. A ovest, nel Kentuky, è tutta colorata di rosso repubblicano. Lì, il proprio voto, anche dalle ultime elezioni presidenziali, l'hanno dato in massa a Donald Trump. Credono ancora nel miraggio dello slogan "Make America great again" e, al netto della disperazione e della rabbia, hanno ancora la forza di sperare in un futuro migliore. In pochi riescono a spezzare queste catene, ma per i radical chic della East Coast, che bazzicano la Yale University e i cui nomi danno lustro ai grandi studi di New York, rimangono sempre e comunque dei "bifolchi". C'è un termine che usano per additarli. È hillbilly. In quella parola c'è lo stesso disprezzo con cui venivano chiamati okie le persone che durante la grande depressione fuggivano dall'Oklahoma. A dar voce a tutta questa disperazione ci ha pensato nel 2016 J. D. Vance con un libro che si intitola Elegia Americana e da cui Ron Howard ha tratto l'omonimo film da ieri disponibile su Netflix.

Quando nel giugno del 2016 esce il libro di Vance, l'editore HarperCollins non ci crede granché. "Dei bei bozzetti buoni per il genere local - dice - ne tiriamo 10mila copie ed è già troppo". Non crede che l'autobiografia di un giovane del Midwest possa vendere, ma inaspettatamente la reazione del pubblico lo smentisce. Nel giro di mesi le vendite crescono e Elegia americana si trova in cima alle classifiche. Un miracolo letterario? Non proprio. Qualche mese dopo un altro scossone smuove gli Stati Uniti: in barba a tutti i sondaggi, Trump sbaraglia Hillay Clinton e vince le elezioni. Nonostante il fiume di denaro versato a industrie in via di estinzione, Barack Obama non era riuscito a risollevare le sorti di questa "gente di collina" che con sprezzo viene bollata come "spazzatura bianca". In quelle terre la globalizzazione ha schiacciato le attività che davano lavoro. Le miniere di carbone, che hanno drenato il terreno per decenni, sono un ricordo lontano. La disoccupazione ha portato povertà e la povertà ha fatto dilagare l'alcolismo e l'eroina. "Io sono bianco, ma non wasp (white anglosaxon protestant, ndr)", scrive Vance nel libro. "Mi identifico con i milioni di operai bianchi discendenti da scozzesi e irlandesi che non sono andati a scuola. Per questa gente la povertà è la tradizione famigliare, i loro antenati erano operai nel Sud schiavista, e poi braccianti, artigiani e operai. Gli americani ci chiamano hillbilly, redneck o white trash. Io li chiamo vicini, amici, la mia famiglia".

Non sentite mai parlare di loro. Nessuno scende in piazza per dargli un futuro migliore. Vance lo ha fatto lottando con i denti. Tre lavori per pagarsi l'università. E, dopo qualche anno trascorso a San Francisco, quell'impegno a Columbus, a pochi chilometri da dove è nato e cresciuto. Perché deve tutto alla sua famiglia che, nonostante la povertà e le disgrazie, lo hanno tirato su e lo hanno fatto studiare. E poi c'è il corpo dei Marines che gli ha insegnato a stare al mondo. "L'eperienza in Iraq - spiegava anni fa in una intervista a Venerdì di Repubblica - mi ha fatto vedere che comunque sono nato fortunato, perché al mondo c'è molta gente più povera del più povero degli hillbilly". Nel libro, reso in modo magistrale su pellicola da Ron Howard, anche grazie alle bravissime Glenn Close e Amy Adams, la famiglia diventa il centro di tutto. "La famiglia è l'unica maledetta cosa che conti", urla la nonna Mamaw al 14enne J. D. per spiegargli che nulla gli darà una madre migliore e che nulla potrà mai allontanarlo da quel legame di sangue con quelle persone e con quella terra. È attraverso il confronto di tre generazioni che Vance e Howard destrutturano il sogno americano. Quella del nonno (che un lavoro ce l'aveva) e della nonna, fiaccata da una gravidanza adolescenziale, dalle continue violente liti e dall'alcolismo; quella della madre Bev sprofondata in un paesino sconfitto dalla modernità, resa opaca dal continuo uso di antidolorifici, oppioidi ed eroina e soprattutto abbandonata dal marito a combattere contro una vita su cui non ha mai la meglio; quella di J. D. e della sorella Lindsay che non si arrendono e nel loro piccolo riscattano se stessi e la propria famiglia. "Non ci sono personaggi buoni o cattivi nel film - ha spiegato il regista alla Lettura del Corriere della Sera - la madre di J. D. è una persona sostanzialmente buona in un mondo complicato.

Questo è un film sulle difficoltà della vita, sulla lotta per la sopravvivenza".

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