Ivan il Terribile (Groznyi, Uragano), storica ira del Diavolo per i nemici, sterminati in un mare di sangue, fu nefasto anche per le sue (sei) mogli, perite fra veleni e prigionie. L'opera in quattro atti Una sposa per lo zar (1899), scritta da un gran musicista, Nicolaj Rimskij-Korsakov e approdata per la prima volta alla Scala, narra la ricerca della terza consorte. Il tragico onore cade sulla figlia di un ricco mercante, Marfa, la quale, ad un passo dall'altare, deve rinunciare al boiaro che ama (Lykov). Purtroppo un altro gran sicario dello zar (Grjaznoj) è perdutamente innamorato di lei. Egli comanda un filtro d'amore al medico tedesco dello zar, Bomelij. Al truce alchimista si rivolge anche la sua amante gelosa (Ljubaa) che con pagamento in denaro e in natura, sostituisce al filtro un veleno. La neo-zarina Marfa muore, quasi folle, invocando l'amato in un finale stupendo.
Sunto necessario perché quanto visto alla Scala, frutto di una complessa «rilettura», non aiutava la comprensione. Già sulla brillante ouverture, il regista Dmitri Tcherniakov proiettava uno scambio di mail, in cui esponeva un'idea madre forte: lo zar (che nell'opera si intravvede per un attimo) è un Frankenstein virtuale di tiranni del passato - lo zar Alessandro III e Boris Yeltsin, e grandi «comunicatori», come Trotckij e Majakovskij - cui serve una moglie vera da dare in pasto alle masse. Si temeva di vedere inseriti volti più somiglianti agli attuali inquilini del Cremlino, ma i rischi di un risveglio al polonio invitavano alla cautela. Per seguire la sua idea, Tcherniakov ha nascosto avvenimenti politici importanti (il sicariaggio di un principe oppositore) relegando il coro fuori scena e addirittura tagliando il bellissimo coro danzato del primo atto. E quando i solisti cantano nel tecnologico set televisivo, dove il tutto si svolge, i cosiddetti «pezzi chiusi» sembrano dinosauri di un teatro passato. Alle sortite finali dissensi quasi unanimi per Tcherniakov.
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