Potete toglierlo dalla giungla, Sylvester Stallone, però la giungla dalla testa, a lui, chi gliela leva? Nessuno, pare. A sessantasei anni, è una vita che «Sly» campa di muscoli, botte e paranoia sociale: cambiarlo è impossibile e, tra l’altro, ci priverebbe inutilmente di un comodo ammazzasette di riferimento. Così eccolo a Roma, in missione spaccatutto, a ravvivare il tappeto rosso orfano di stelle con Bullet to the Head (verrà proiettato fuori concorso mercoledì 14) di Walter Hill, regista, produttore e sceneggiatore che ha messo il suo marchio su film come Getaway o I guerrieri della notte . Un altro grande attore arriverà a Roma: Sean Penn, però non porterà con sé un film, ma parteciperà alla serata finale per beneficienza.
La star è fondatore della J/P Haitian Relief Organization impegnata nella ricostruzione di Haiti dopo il terremoto.
Invece per convincere Sly a varcare l’Oceano, pronto un bel premio in Campidoglio: Hill riceverà dalle mani del sindaco il Maverick Award e flash a tempesta. Ecco coniugato «l’alto » (un autore prestigioso) e il «basso» festivaliero, cioè lo Stallone che tiene sempre tesa la corda della sua popolarità con un progetto dietro l’altro. Intanto, non gli si può rimproverare d’essere diventato trash, il che la critica nota spesso nei confronti di Robert De Niro, di recente abbonato a filmetti tipo Showtime (poi vedremo che i due si mettono insieme), con la star di Taxi Driver che fa le faccette nevrotiche. Sylvester,invece,adora i filmacci dove l’ascia è indispensabile.
Nel thriller d’azione Bullet to the Head , che negli Usa esce a febbraio e in Italia ad aprile 2013, distribuito da Buena Vista, Sly incarna Jimmy Bobo, poliziotto-sicario tostissimo di New Orleans. Siccome la «pallottola in testa» viene dal romanzo a fumetti Du plomb dans la tete di Matz (Alexis Nolent),la storia,sceneggiata da Walter Hill con l’italiano Alessandro Camon, sul grande schermo funziona.
Jimmy Bobo sfoggia tatuaggi minacciosi su pettorali asciutti, maneggia ascia e pistola come prolungamenti di sé e ha una missione: trovare chi gli ha ucciso il partner. Per farlo, si allea con un detective di Washington D.C. (Sung Kang): anche a lui hanno ammazzato il partner. E il killer, nei due casi, è lo stesso (Jason Momoa). Magnifica occasione, per Rocky , che si scatenerà con la furia dei veterani incazzati, ribadendo che il re dell’azione, al cinema, è lui. Adesso, però, rischia di diventare pure il re dei vecchietti muscolari: dopo il successo al box-office di Expendables , del quale si prepara il terzo episodio, Stallone rinforza il filone geriatrico. E prepara Grudge Match col sessantanovenne Bob De Niro,imbastendo un’ultima sfida tra pugili suonati. Insomma, avremo Rocky Balboa contro Toro scatenato con la regia di Peter Segel e un procuratore sportivo, Kevin Hurt, che ha l’ingrato compito di portarli sul ring, a darsele di santa ragione. Riuscirà Jack La Motta a battere Rocky, eroe del fortunato sequel iniziato nel 1976 e andato avanti fino agli anni Ottanta, con quel grido «Adrianaaaa» diventato tormentone pop?
Come non bastasse, l’inossidabile celebrità italoamericana annuncia l’ennesimo action movie, mentre scende a Roma per promuoversi e mette a punto «Rambo 5»: si tratta di Hunter , da lui scritto, diretto e interpretato in 3D, con i soldi della Lionsgate. Adattamento del romanzo omonimo di James Byron Huggins, il film mette al centro un militare in missione all’Antartico, che dopo aver fatto fuori un’élite di soldati addestrati in senso criminale, cercherà di far saltare un piano segreto. Stando al quale, per sfruttare al meglio l’istinto predatorio dell’uomo, basta somministrare alcuni farmaci e sarà preistoria. Il catalogo autunno- inverno di Mister Stallone, insomma, pare fitto di azioni per uomini di fegato e di panza. Dopo la pallottola in testa, però, due fettuccine a Trastevere Sylvester va a spararsele di sicuro.
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