"In Free Guy interpreto la nostra voglia di cambiare le regole"

L'attore canadese Ryan Reynolds racconta il suo nuovo film dove il personaggio di un videogioco si ribella

"In Free Guy interpreto la nostra voglia di cambiare le regole"

Sino a che era sposato con Scarlett Johansson era solo il belloccio accanto alla star che al cinema faceva film imbarazzanti come Lanterna Verde. Dopo il divorzio Ryan Reynolds, classe 1976 così legato alle sue origini canadesi da aver tatuato sul braccio il il Nine O'clock gun, cannone simbolo di Vancouver, è letteralmente rinato. Vita e carriera hanno preso il volo. Ha sposato la bellissima Blake Lively, ha avuto tre figlie ed è diventato protagonista di successi irriverenti come Deadpool.

Ora esce al cinema, dall'11 agosto, con quello che lui definisce il suo film migliore, uno dei pochi originali (non sequel, prequel o remake di qualcosa) che Hollywood è stata in grado di produrre negli ultimi anni, di cui è anche produttore.

Free Guy, Eroe per gioco, diretto da Shawn Levy, il regista di Stranger Things e Una notte al Museo è la storia di un personaggio secondario di un videogioco, uno dei cosiddetti NPC, Non Player Characters, che un giorno si rende conto della sua posizione marginale e si ribella, decidendo di diventare protagonista. Nel cast anche Taika Waititi, Jodie Comer e Joe Keery. «È una storia pazzesca dice l'attore quando me l'hanno proposto non ho colto subito il suo straordinario potenziale, il suo attualissimo messaggio. Ho pensato che c'era molta azione e l'idea era provocatoria e poteva aprire scenari divertenti, ma non immaginavo fino a quale punto. Poi ho capito che si trattava di qualcosa di più profondo».

Ci spiega?

«È la storia di un impiegato di banca che capisce improvvisamente di essere un personaggio secondario di un videogioco estremamente violento. Chi non ha mai avuto - anche solo guardando le news del telegiornale - la sensazione di essere capitato in un mondo lontanissimo e estraneo? Da mi pizzico per capire se ci sono davvero? È una metafora della vita di tutti i giorni, un'esistenza dove spesso non riusciamo a essere protagonisti e facciamo da spalla a un momento della storia che non riconosciamo».

Per vedere il mondo per quello che è, Guy, il suo personaggio, ha bisogno di un paio di occhiali speciali. Lei li ha trovati quegli occhiali nella vita?

«Qualche volta sì, altre volte no. Come tutti. A volte ci accontentiamo, abbiamo i paraocchi, non vediamo la realtà e le sciocchezze che ci risucchiano e a volte arriva una circostanza che ci fa mettere gli occhiali, che ci fa vedere».

Non è normale essere qualche volta protagonisti e altre volte solo comprimari nelle nostre relazioni, nella vita?

«Certo, ma quello che vogliamo dire con questo film è che, qualche volta, il nostro ruolo da protagonista si riduce così tanto da essere completamente presi negli ingranaggi del sistema, che ci dice cosa dobbiamo fare, cosa dobbiamo comprare. E sa cosa? In maniera del tutto casuale Free Guy è diventato il film che descrive questo preciso momento storico, quello della pandemia e dei cambiamenti climatici».

In che senso?

«Bene è chiaro, dopo tutto quello che è successo finalmente ci siamo svegliati e chi siamo detti: aspetta un attimo, forse non deve rimanere tutto come è, come lo abbiamo trovato, forse possiamo avere un impatto sulle circostanze intorno a noi».

Qualcuno potrebbe obiettare che è l'ennesimo film tratto da un videogioco.

«Ma non è così. Il videogioco di cui fa parte il nostro protagonista non esiste e quell'ambiente non è che un escamotage, abbiamo usato quel mondo per raccontare una storia, per toccare corde attualissime. Faccio un esempio. L'uomo dei sogni (film del 1989 con Kevin Costner) era ambientato nel mondo del baseball ma non raccontava una storia di sport, era la storia di un padre e di un figlio che cercano di ritrovarsi. Noi facciamo la stessa cosa l'ambiente dei videogiochi».

Lei è entusiasta ma realizzare questo film non è stato facile.

«Vero, ha avuto una gestazione lunghissima, come tanti in questo periodo. Abbiamo cominciato nel 2018 e siamo nel 2021 e in mezzo c'è stata una pandemia.

Quando l'ho finalmente visto ultimato ho pensato che fosse davvero bellissimo. In questo momento al nostro mondo manca qualcosa, anche nella nostra cultura e nell'intrattenimento che ci viene proposto. Credo sia un film straordinariamente attuale».

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