Cultura e Spettacoli

Un giorno in tribunale raccontato con bravura

Se, come si suol dire, a volte abusando, il buongiorno si vede dal mattino, la carriera di Chiara Bellosi potrebbe essere luminosa

Un giorno in tribunale raccontato con bravura

Se, come si suol dire, a volte abusando, il buongiorno si vede dal mattino, la carriera di Chiara Bellosi potrebbe essere luminosa. Qui, alla sua prima prova da regista, in un film da lei anche meravigliosamente scritto, la cineasta milanese, diplomata (non è un caso) in drammaturgia alla Paolo Grassi, confeziona un piccolo gioiello che sembra pescare dalla tradizione più gloriosa del nostro Neorealismo. La storia sembra semplice semplice. Il racconto di un giorno di ordinaria giustizia in un tribunale italiano. Tema che, se non pensato e sviluppato nel giusto modo, rischia di trasformarsi in una puntata allargata di Un giorno in pretura. Cosa che non fanno la macchina da presa e la sceneggiatura della Bellosi, preferendo concentrarsi su quello che avviene nei corridoi dei tribunali, piuttosto che nelle aule giudiziarie. In pratica, ci viene mostrato sì, a sprazzi, il dibattimento asettico per l'accusa di omicidio che grava su un benzinaio, reo di aver ucciso uno dei due rapinatori che avevano tentato di derubarlo (l'altro è presente in aula, in attesa anch'egli di giudizio), ma la parte che interessa alla Bellosi e, per immediato feeling, al pubblico, è quella che riguarda i parenti dei protagonisti della vicenda giudiziaria, seduti nei corridoi mentre le ore sembrano non passare mai. Da una parte, la giovane Domenica (perfetta Sarah Short), figlia del benzinaio, che fa ripetere al padre la testimonianza impostata dall'avvocato difensore e poi, come capita ai ragazzi della sua età, si invaghisce di un operaio (Andea Lattanzi, impeccabile) che sta lavorando vicino a lei. Dall'altra, Angelina (Daphne Scoccia che si conferma, dopo Fiore, interprete di grande spessore) moglie del rapinatore superstite, che fa avanti e indietro dall'aula, mentre sorveglia, si fa per dire, la figlia piccola e ribelle Luce (spettacolare Bianca Leonardi) che cerca di distrarsi in ogni modo, senza capire realmente ciò che accade intorno a lei. La macchina inquadra, da vicino e da lontano, senza giudicare, questo piccolo universo umano, separato in aula, ma che può far comunione nei corridoi del Tribunale.

Con un finale perfetto, per un film che ti si «incolla addosso» e che non vorresti lasciare mai.

Commenti