Glucksmann, il filosofo che ha scelto la libertà

(...) capelli bianchi da stregone e gli occhi azzurri che fissavano la vita, con indulgenza. «La sfida al nichilismo è la più vasta, la più profonda, la più intima delle prove contemporanee. C'è un manipolo di eroi che continua a combatterlo in prima linea».Nel mondo di Glucksmann gli eroi non sono morti, solo che non hanno più nulla di divino, sono umani, stanchi, coraggiosi e continuano a combattere senza farsi troppe illusioni, ma non si arrendono, perché per dovere, per scelta, per croce e per destino devono mantenere accesa una luce, la libertà. Sono pochi, sono marginali, sono dissidenti, divergenti, dicono no al potere. Il potere quello che vuole tutto, che se ne frega dell'individuo, che pensa sempre di essere più furbo, razionale, che gioca sulle paure, che sfibra, mente, inganna, condanna, imprigiona. Questa gente che «dice no» si oppone al nulla, un no per frenare il nichilismo. Sono come gli Jedi di Star Wars contro la morte nera, come Aragorn, Gandalf e il resto della compagnia dell'anello contro Sauron, come Atreyu che salva Fantàsia. Solo che sono reali, incarnati qui nella storia, sono due ragazze tutsi che attraversano il genocidio del Ruanda. È Nathalia che con la bimba in braccio manifesta sulla piazza di Praga occupata dai carri armati. È Jan Palach che brucia in eterno in nome della libertà. Sono Khalida e Malika che non lasciano Algeri, condannate a morte dai fondamentalisti islamici. È Milana che a Grozny, in Cecenia, resiste a tutto, ai russi e al terrorismo religioso dei suoi compatrioti. È Martha, sua madre, la donna ebrea a cui suo figlio deve due volte la vita, che resiste e combatte in Francia contro il nulla nazista.È tutto il senso di Occidente contro Occidente. È lì la scelta, il nichilismo di Heidegger o il dubbio di Socrate? Gli eroi di Glucksmann non hanno fedi assolute, ma si passano una fiaccola di umanità, di speranza, di dubbi e incertezze, una sorta di sogno senza confini. «Jan Patocka diceva che è proprio questa la scommessa dei dissidenti: vivere nello sradicamento».Sono quelli che non dicono: tanto è tutto inutile, tanto non serve a niente. C'è in loro invece un disincanto che diventa coraggio. Sono quelli che continuano a coniugare i verbi al futuro. Quelli velleitari, sognatori, che non sanno come vanno le cose del mondo. «Ho lottato contro questo tipo di realisti per tutta la mia vita. I realisti francesi con cui ho lavorato dicevano: l'impero sovietico è una struttura seria e solida, i dissidenti come Solzhenitsin e Sakharov sono solo dei poveri sognatori. E alla fine, chi ha vinto in Europa? Avevano ragione i realisti, assertori della solidità di un impero che non c'è più? O sono piuttosto i sognatori che hanno fatto cadere il Muro di Berlino? Il realismo ragiona solo sul breve periodo. Nel lungo vince chi sogna più forte».La vita di Glucksmann è stata abbastanza lunga, 78 anni, non lineare, non scontata. È uno che sapeva scartare di lato e cadere. È alla Sorbona quando il maggio a Parigi si fa caldo. È l'assistente di Raymond Aron, il compagno di classe di Sartre che spezza il monopolio della sinistra con L'oppio degli intellettuali. Ma Glucksmann nel Sessantotto non segue il suo professore, s'incanta, si avventura nel maoismo. Le lezioni di Aron tornano sette anni dopo quando la febbre è finita. Lo strappo con il comunismo arriva con La cuoca e il mangiauomini. E poi nel '77 si apre la stagione dei nouveaux philosophes quando con Bernard-Henri Lévy scrive Les Maîtres penseurs (I padroni del pensiero). È l'addio al marxismo. Non più utopia ma gulag. È lo smascheramento di una farsa, tragica. I nichilisti sono sempre grandi illusionisti. Non è facile orientarsi. Cosa c'è dietro la pace di certi pacifisti? Perché si difendono i diritti con aggettivo e non quello radicale, quello che viene prima di tutto, il diritto individuale? Fino a che punto si può essere tolleranti con gli intolleranti? Non c'è mai una risposta facile e c'è sempre un costo da pagare. Glucksmann sostiene i bombardamenti sulla Serbia per fermare il genocidio in Kosovo e si schiera per la guerra in Libia e in Siria. Sarà criticato.

Racconta lo spaesamento post 11 settembre con Dostoevskij a Manhattan e lì c'è la consapevolezza che i demoni cambiano faccia, ideologia e religione ma giocano sempre la stessa partita. È con Ratzinger a Ratisbona: «L'unico a essere seriamente preoccupato era il Papa. Diceva: guardate che il nulla ci sta avvolgendo. E gli altri applaudivano».Vittorio Macioce

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