La grottesca danza macabra nel bunker di Adolf Hitler

Poco prima della fine, ormai prossimi alla morte, i gerarchi ballarono. Come racconta William Shirer

La grottesca danza macabra nel bunker di Adolf Hitler

La tensione, che era andata aumentando fino a un punto quasi insostenibile, venne meno e parecchie persone andarono nel bar... a ballare. La fantomatica riunione divenne presto cosi rumorosa che dall'appartamento del Führer si mandò a dire di fare un po' più di silenzio. I russi potevano arrivare fra qualche ora e ucciderli tutti (però la maggior parte degli assediati studiava già il modo di sfuggire). Ma intanto, ora che lo stretto controllo del Führer sulle loro esistenze era finito, quel gruppo voleva godersi un po' di allegria, come e dove potevano. Sembra che la sensazione di sollievo che essi provarono sia stata enorme e continuarono a ballare per tutta la notte. (...)

Mentre si raccoglieva la benzina destinata ad alimentare il fuoco per il suo funerale vichingo, Hitler, consumato il suo ultimo pasto, andò a prendere Eva Braun per dare insieme a lei un altro, estremo, saluto ai suoi più intimi collaboratori: al dottor Goebbels, ai generali Krebs e Burgdorf, alle segretarie e alla Manzialy, la cuoca. La moglie di Goebbels non si fece vedere. Come per Eva Braun, per questa energica e bella donna bionda era riuscito facile decidere di morire insieme al marito, ma si sentiva turbata all'idea di dover uccidere i suoi sei bambini, che in quegli ultimi giorni avevano giocato allegramente nel ricovero sotterraneo senza alcun sospetto di quanto li aspettava.

«Cara Hanna ella aveva detto alla Reitsch due o tre sere prima, quando verrà la fine dovrete aiutarmi se, nei riguardi dei bambini, mi verranno meno le forze... Essi appartengono al Terzo Reich e al Führer; se l'uno e l'altro cessano di esistere, non vi è più posto per loro. Il mio più grande timore è di lasciarmi vincere dalla debolezza all'ultimo momento». Sola nella sua stanzetta, ella ora stava cercando di superare tale timore. Hitler ed Eva Braun non avevano problemi del genere. Essi dovevano togliere la vita soltanto a se stessi. Finiti gli addii, si ritirarono nella loro stanza. Il dottor Goebbels, Bormann e pochi altri attesero nel corridoio. Dopo pochi istanti si udì un colpo di rivoltella. Attesero il secondo, ma vi fu solo silenzio. Dopo una attesa adeguata, entrarono cautamente nell'appartamento del Führer. Trovarono il corpo di Adolf Hitler steso sul divano, cosparso di sangue. Egli si era sparato in bocca. Al suo fianco, giaceva Eva Braun. Erano cadute al suolo due pistole, ma la sposa di Hitler non aveva usato la sua: si era avvelenata.

Erano le 15,30 di lunedì 30 aprile 1945: dieci giorni dopo il cinquantaseiesimo compleanno di Hitler e dodici anni e tre mesi meno un giorno da quando egli era divenuto cancelliere della Germania e aveva instaurato il Terzo Reich, che gli doveva sopravvivere solo per una settimana.

Seguì il funerale vichingo. Non vi furono parole; il solo suono che si udiva era il boato dei proiettili russi che esplodevano nel giardino della Cancelleria e contro muri in rovina tutto intorno.

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