Hanks, narratore alla Forrest Gump

Escono i 17 racconti dell'attore, ispirati alle macchine per scrivere

Massimiliano Parente

Nell'editoria, si sa, i libri di racconti si pubblicano difficilmente (fu un flop perfino quando ci provò Bret Easton Ellis) tranne se arriva una star che non è uno scrittore, per esempio Tom Hanks. Così esce anche in Italia Tipi non comuni (Bompiani, pagg. 384, euro 18), diciassette short stories di uno degli attori più bravi di Hollywood. Il mondo ne aveva bisogno? Di certo ne aveva bisogno Tom Hanks, incoraggiato da un altro attore scrivente, Steve Martin.

Il leit-motiv sono le macchine da scrivere, di cui Hanks è un collezionista. Significa che a un certo punto di ogni racconto viene citata una macchina da scrivere, e già che c'era ci ha messo anche le foto, una per racconto.

Tra i tanti personaggi, ci sono un miliardario in cerca di emozioni che non sa come spendere i soldi, un giocatore di bocce così bravo da diventare famoso in televisione (per poi rendersi conto che il successo ti rovina la vita), una donna appena divorziata che si trasferisce in un altro quartiere con due bambini, le avventure di un reduce di guerra che ritorna in patria tra indifferenza e affetto.

Il migliore è quello di un uomo alle prese con una fidanzata che lo obbliga a un'alimentazione sana e vegetariana e allo sport sfrenato, lo manda perfino dall'agopunturista, sembra la moglie di Fausto Brizzi, una tragedia. Ci sono momenti sessuali descritti, temo non volontariamente, come farebbe Forrest Gump, tipo: «Ci baciammo, stuzzicammo le nostre rispettive parti meravigliose». Oppure: «Quella notte io e lei ci impegnammo sul serio, come due cuochi di Green Bay alle prese con lo stufato. Ben motivati dal piacere».

A fare da prezzemolo alla cucina narrativa di Hanks non poteva mancare la solita idea del Sogno americano, che è un refrain della narrativa americana degli ultimi cinquant'anni, quando la pianteranno? Non se ne può più del Sogno americano, sarebbe ora di svegliarsi.

Tuttavia la critica anglosassone è stata troppo dura, l'Observer ha stroncato il libro titolando «Hanks, but no thanks». Esagerati.

Invece le storie di Hanks sono anche carine, scritte con passione, malinconiche, minimaliste, e anche buoniste, comunque molto meglio di quelle di Walter Veltroni, e se pubblica Veltroni, e viene perfino elogiato dai suoi amici giornalisti, non vedo perché non dovrebbe farlo Tom Hanks, che almeno è Tom Hanks.

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