Disse Hernest Hemingway di Martha Ghellorn che «come donna amava lumanità, ma detestava le persone». Lei lo definì «lessere più bugiardo che abbia mai conosciuto». Si incontrarono nel 1936, si sposarono nel 1940, divorziarono alla fine della Seconda guerra mondiale, si odiarono per i quindici anni o poco più che separarono il primo dal suicidio. «Nella sua vita, forse ha fatto più male a se stesso che agli altri» fu lepitaffio gentile di lei, giornalista che fece il suo ultimo reportage di guerra che aveva superato gli ottantanni.
Martha Gellorn deve molto a Hemingway. La scrittura come dovere e come dolore, il conoscere le cose per poterle veramente raccontare, la creazione di uno stile tanto più semplice quanto più lavorato e rastremato fino a farlo scorrere come un getto vergine sulla pagina. Lei imparò in fretta perché aveva talento e voleva arrivare con tutte le sue forze, ma erano due «prime donne» e dallammirazione alla competizione, dalla competizione allodio il discrimine è sottile. In più cera il machismo delluno a petto della frigidità dellaltra: bella, il sesso per la Ghellorn era una sorta di elemosina nei confronti di chi non ne poteva fare a meno. «Sono stata la peggiore amante del mondo» confesserà. Ma a nessuno, tantomeno a Hemingway piaceva il ruolo di mendicante.
Hemingway & Ghellorn, di Philip Kaufman, ieri fuori concorso, schiera un buon cast, Nicole Kidman, Clive Owen, David Strathain, ma lo mette al servizio di un pasticcio retorico dove la caricatura dei personaggi va di pari passo con il semplicismo delle tesi raccontate.
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