Cultura e Spettacoli

"Ho una maschera nera per dare luce alla musica"

Anche Paul McCartney e Peter Frampton nel progetto italiano The Bloody Beetroots

"Ho una maschera nera per dare luce alla musica"

Nel suo ultimo ultimo disco, Sir Bob Cornelius Rifo è un indemoniato coperto da una maschera nera e nascosto dietro un altro nome (il progetto si chiama The Bloody Beetroots, dal vivo l'11 novembre all'Alcatraz di Milano). Ma anche di persona è un mitragliere di parole: occhi sgranati, idee chiarissime, accento ancora veneto perché, anche se è uno dei produttori più conosciuti nel mondo, lui è pur sempre nato a Bassano del Grappa nel 1977. «Faccio musica elettronica contemporanea» dice presentando Hide (non casualmente significa «nascondere») che è il suo nuovo disco setaccio destinato a diventare molto autorevole: ha filtrato le grandi lezioni della musica, le ha mescolate con l'elettronica digitalissima, ha aumentato i bpm e collaborato con ospiti pazzeschi e trasversali come Paul McCartney, Peter Frampton, Tommy Lee dei Motley Crue o il cantautore australiano Sam Sparro. Insomma, bingo.

C'è rock, pop, metal, rap, dance: scusi Sir Bob Cornelius, lei è il rottamatore dei generi musicali.

«Non credo neanche che esistano: sono una invenzione dei discografici».

Quindi?

«Sono cresciuto con la musica. E penso che oggi si debbano recuperare i grandi suoni del passato per dare una nuova fisionomia alla musica del futuro».

Perciò ha chiamato tanti ospiti così autorevoli.

«Con McCartney abbiamo anche trascorso una giornata intera nel suo studio del Sussex, che è un vecchio mulino riadattato. E Tommy Lee si è persino arrabbiato perché io stavo suonando dance mentre lui picchiava la batteria con un ritmo metal».

Però Sir Bob Cornelius, lei in scena usa una maschera pressoché identica a quella di Venom, personaggio dei fumetti Marvel.

«È il catalizzatore del mio progetto: credo che debba essere la musica a parlare, non l'immagine».

Ma una maschera nera è una grande forma di immagine.

«Di certo io sono nato vicino a Venezia e quindi ho assorbito i canoni della commedia dell'arte, da Goldoni in avanti».

Con quale obiettivo?

«Vorrei portare una ventata di cultura musicale».

Però il suo nome d'arte non è molto culturale: in inglese significa «barbabietole sanguinanti».

«Bisogna essere originali e colpire l'attenzione.

Con questo nome sono subito finito in testa nei risultati dei motori di ricerca».

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