“Hustle”, Sandler convince nel dramma sportivo targato Netflix

Nonostante una sinossi vista e rivista, il film funziona: grazie a giusti innesti originali e all’ambientazione nel mondo del basket, la storia di duplice riscatto arriva al cuore

“Hustle”, Sandler convince nel dramma sportivo targato Netflix

Hustle, da oggi disponibile sulla piattaforma Netflix, è un film che parla del sogno dell’NBA ma che ha le carte giuste per intrattenere non soltanto i fan del basket dal momento che parla di speranza e determinazione.

Ancora prima del titolo scopriamo quel che c’è da sapere del protagonista, Stanley Sugarman (Adam Sandler), vedendo come l’uomo, armato di sarcasmo, sopravviva a cibo spazzatura e jet lag mentre gira il mondo come una trottola in cerca di talenti per l’NBA. Un giorno si imbatte per caso in un ragazzo intento a giocare a basket per strada, in un vicolo spagnolo, e rimane folgorato dal suo talento: malgrado nella vita sia un semplice operaio edile, Bo Cruz (interpretato dalla star dell'NBA Juancho Hernangomez) ha la stoffa del campione. Peccato i superiori di Stanley non siano d’accordo, così all’uomo non resta che sgrezzare quel diamante da solo per tentare poi di farlo accettare nel circuito dei grandi nomi. Il ragazzo viene dal nulla e ha già 22 anni (“nel basket un anno è come quelli dei cani”). Il suo coach è ripudiato da chi credeva in lui. Sono una classica coppia di perdenti annunciati, eppure da questa constatazione nasce il fascino dell’impresa. I due lavorano duramente ed esorcizzano l’ipotesi del fallimento a colpi di discorsi motivazionali. Spronati dalla responsabilità familiare, tentano di scrivere ognuno il proprio riscatto. Inutile dire che sfidando l’establishment incontreranno sia gloriosi trionfi che frustranti battute d'arresto.

Tra strategie per dominare la pressione e massime del tipo “l’ossessione batte sempre il talento”, si arriva in maniera fluida verso un finale che non si fa mancare la più classica delle corse a perdifiato in aeroporto.

Le sfumature drammatiche in “Hustler” sono mitigate da una serie di battute e la sinossi convenzionale è rinverdita da un montaggio vibrante e da astuti dettagli che danno una patina di originalità a quanto altrimenti sarebbe la quintessenza del cliché.

Che fisicità e intelletto si debbano alleare nella corsa verso l’obiettivo è l’assunto base di film come "Rocky" (qui citato a più riprese dai protagonisti), ma anche come "Karate Kid" e "Jerry Maguire". Se il legame tra atleta e allenatore è stato esplorato una miriade di volte al cinema, il mondo dello scouting è però materia tutto sommato nuova.

Il protagonista, Adam Sandler, è oggettivamente cresciuto come attore e qui la sua performance è generosa e credibile. Quanto alle sequenze sportive, sono coinvolgenti e realistiche grazie alla massiccia presenza di vecchie e nuove glorie del grande basket nel cast.

“Hustler” va oltre quella che è una lettera d’amore al basket e ai suoi giocatori raccontando non solo l’NBA delle epiche battaglie sotto canestro, ma anche quel che c'è dietro in termini di enorme business legato tanto alla finanza

quanto ai media.

Se avete visto con piacere “Creed”, vale a dire il più noto (e riuscito) tra i titoli di nuova generazione nati come variazione su tema di pellicole sportive cult, apprezzerete anche “Hustler”.

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