Intanto devono essere quadri figurativi e molto popolari. Allora sì che diventa ambizione comune l'idea di fare vivere le tele: creare un prima e un dopo ai personaggi che immortalano. Dar loro una voce, delle emozioni. Simili a quelle che le tele per prime ci hanno regalato. E chi meglio di Edward Hopper, ha pensato il regista austriaco Gustav Deutsch che ha presentato al Trieste Film Festival Shirley - Visioni della realtà.
Deutsch prende 12 quadri di Hopper e li mette insieme. In tutti c'è una donna, che nella sceneggiatura di Deutsch diventa Shirley, giovane attrice. Le tele si trasformano in quinte cinematografiche dove Shirley (Stephanie Cumming) si abbandona a monologhi interiori sulla vita, sul lavoro, sulla politica di quegli anni, e sui sogni e le ansie di tutti. Dal 1931 al 1963, la vita scorre a balzi. Prima la Grande depressione, poi la guerra, quindi il maccartismo e infine le marce per i diritti umani. «Shirley - spiega il regista - è una donna il cui lavoro di attrice l'ha avvicinata alla messa in scena della realtà, alla sua messa in discussione. Una donna che non si identifica con il modello tradizionale di moglie».
La ribalta triestina è il debutto italiano di un film che è stato salutato dalla critica internazionale con vivace interesse. Un esperimento di arte che imita l'arte. Dove non solo le qualità pittoriche di Hopper vengono scomodate ma anche le capacità che solo il teatro ha di isolare la voce e il corpo in un contesto all'apparenza immobile. Deutsch, però, sa che l'obiettivo principale è concentrarsi sulle immagini. E in questo non fallisce.
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