I turbamenti (amorosi) del giovane Spider-man

Miracolo: il nuovo kolossal sull’Uomo Ragno non fa rimpiangere i precedenti. E punta sulla fragilità adolescenziale del protagonista

I turbamenti (amorosi) del giovane Spider-man

Da un grande potere derivano grandi responsabilità» e chi me­glio dell’Uomo Ragno (cin­quant’anni e non sentirli) può far­si carico di risollevare, questa esta­te, le sorti di un botteghino sem­pre più in crisi di incassi? Uscirà il 4 luglio, in 900 copie, il nuovo atte­sissimo The Amazing Spider­Man

col compito di far dimenticare, ai numerosi fan dello spararagnate­le, la trilogia cinematografica fir­mata da Sam Raimi ed interrotta, mentre stava progettando il quar­to capitolo della saga, a cau­sa di n­on meglio preci­sate divergenze arti­stiche con la Sony.

Così, si è deciso di ripartire da zero e «riscrivere» la gene­si di Peter Parker/ Spi­der Man con regista (il Marc Webb di 500 giorni insieme ) e soprattutto pro­tagonisti nuovi identificati nella coppia (pare anche nella vita) composta da An­drew Garfield ed Emma Sto­ne. Il tutto, servito con il 3D che per un personaggio che vola tra i grattacieli e spara le ra­gnatele è l’apoteosi. Il risultato di questa operazione? Pur con qual­che imperfezione e critica, l’esito è sorprendente.

Webb, infatti, è stato bravissi­mo a rilanciare in maniera innova­tiva il franchise miscelando un film mai così trasversale per un su­pereroe perché finisce, con le sue diverse anime, per accontentare veramente tutti. È, prima di tutto, un titolo molto divertente (in alcu­ni momenti letteralmente comi­co, con apice nell’imperdibile ca­meo di uno Stan Lee che ascolta se­renamente musica dalle cuffiette mentre dietro di lui succede il fini­mondo). È poi una pellicola che strizza ben più di un occhio alle si­gnore al seguito, senza calare i li­velli di testosterone, perché, a dir­la tutta, il cuore del film è la storia romantica (mai invasiva, però) che nasce e si sviluppa tra Peter e Gwen Stacy che, come i fan del fu­metto sanno, è stato il suo primo amore finché morte (tranquilli, qui è solo rimandata) tragica (pro­babilmente causata dallo stesso Spider-Man nel tentativo di sal­varla da Goblin) non li ha separa­ti. Il rapporto tra i due ragazzi, a ben vedere, è il vero filo condutto­re di tutta la trama e fa risaltare, pur in maniera indiretta, i senti­menti paralleli della storica fidan­zata Mary Jane (protagonista del­la trilogia ma che qui non compa­re) e Gwen: la prima, in fin dei con­ti, si innamora dell’Uomo Ragno, la seconda di Peter Parker. È un film che pesca molto dai teen-mo­vie, andando ad interessare così una buona fetta di pubblico pa­gante, soprattutto nelle scene nel­le quali il neo supereroe si con­fronta con i nuovi poteri lascian­dosi andare a comportamenti che qualunque adolescente avrebbe adottato.

The Amazing Spider-Man èlogi­camente anche action, sennò il 3D (azzeccato in ogni scena) che ci sta a fare, pur se confinata nel­l’ultima parte del film e, tutto som­mato, con una resa grafica che la­scia qualche perplessità e molto vi­cina ai videogame (a proposito, Activision distribuirà a breve l’omonimo gioco che parte dal­l’epilogo del film). A deludere, semmai, è il villain della storia, ov­vero il cattivo medico lucertolone The Lizard (nonostante lo sforzo di Rhys Ifans) che passa troppo ve­locemente da­buono a cattivo e vi­ceversa e non raggiunge i livelli de­gli scontri, ad esempio, dello Spi­der- Man di Sam Raimi contro il Goblin Verde.

Nella sceneggiatu­ra, pur rispettando gli stilemi della storia classica, ci si è sforza­ti di non replicare in tutto e per tutto il te­ma ma di variare leg­germente la pro­spettiva offrendo anche aspetti appe­na accennati nei capitoli raimiani .

Qui Peter, ad esempio, ci viene mostrato all’età di sette anni men­tre viene abban­donato dai suoi genitori che sono costretti ad affidarlo agli zii Ben (Martin She­en) e May (bentornata Sally Field) a seguito di un pericoloso proget­to su i­ncrocio genetico e rigenera­zione che il padre sta sviluppando con l’amico Curt Connors. Ed è proprio il tentativo di capire cosa sia successo ai suoi che lo porterà nel la­boratorio della OsCorp, dove la­vora appunto il dottor Connors (privo di un brac­cio, si inietta il siero che non solo gli ridona l’arto ma lo trasforma in Li­zard); qui Peter sarà morso dal ragno geneticamente modificato (non durante una gita scolastica come il predecessore). Anche nel­la morte di zio Ben il ragazzo ha, in questo film, molte più responsabi­lità dirette che nello Spider-Man di Raimi. Come si vede, cambia la forma ma non la sostanza.

E poi c’è Andrew Garfield che vince per ko tecnico il confronto con l’antipatico Tobey Maguire. Non c’è proprio partita tra i due perché Garfield sembra proprio nato per incarnare lo Spider-Man delle tavole Marvel. Non sbaglia una espressione che sia una, dai bronci adolescenziali ai turba­menti amorosi, dalle tragedie che accompagnano la sua vita alle im­perfezioni che fanno di Spider­man, da sempre, il supereroe più vicino a noi tutti. È un Uomo Ra­gno tecnologico ( progetta lui il di­spositivo per sparare le ragnatele) con il cellulare sempre all’orec­chio (anche troppo), maledetta­mente accattivante.

E al suo fian­co, la Stone che, dopo il successo di Easy Girl , si conferma un’attri­ce coi fiocchi e dalla carriera pro­mettente. Insomma, il destino del box office è in buone mani. Ora tocca al pubblico fare la sua parte.

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