Con i Vanzina, De Sica & co. tanti sketch (semi)divertenti

Con i Vanzina, De Sica & co. tanti sketch (semi)divertenti

D opo il cinepanettone natalizio, il cinepandeimorti novembrino, il cinecocomero estivo, arriva ora il cineuovo pasquale. Neanche a dirlo che a firmarlo siano i Vanzina portandosi in dote pregi e difetti di un brand che li ha resi protagonisti nella scena cinematografica italia­na. Il pretesto è quello di raccontare la cronaca di una giornata, in Italia, vissuta da Nord a Sud, con l’intenzione (poco convincente nei fatti) di fotografare i vizi del popolo italico. In realtà, sullo schermo si accavalla­no sette storielle, tra loro non incrociate (salvo per il finale con Frizzi), tra le quali lo spettatore saltella come quando fa zapping con il teleco­mando, alla fine di breve durata (l’intero film non supera l’ora e mezza) e, tutto sommato, quasi sempre godibili. L’episodio più riuscito è certamente quello di Abatantuono,milane­se trapiantato in Puglia con la famiglia, i cui figli lo chiamano «’o tremo­ne », che prova a vendere prodotti di domotica ad improbabili acquiren­ti del posto. Piacevole è anche il siparietto con Paolo Conticini, acceso tifoso della Fiorentina che, in occasione di una trasferta veronese dei vi­ola, vuole ripetere esattamente quanto fatto sei mesi prima in analogo viaggio, compreso chiedere alla fidanzata di fargli le corna; così come quelli con Salemme, beccato dalla moglie con le mani sulle cosce di una escort russa spacciata poi per figlia, o con il Mattioli (pur prevedibile nel finale) evasore recidivo ma con la Finanza sul collo. Deludente ed inutil­mente volgare, invece, la scenetta con Banfi politico in odore di arresto costretto a far votare un collega morto mentre stava con un trans; così come non convince la Mannino manager tecnologica scambiata per clandestina.

Poteva mancare De Sica, principe in disgrazia (no, non è il conte Max) con il solito campionario di tic e smorfie? Il montaggio è eccellente nel dar ritmo alla farsa e, anche se parlare di risate è esagerato, si sorride spesso, non per merito della sceneggiatura (davvero poca cosa) ma per la bravura di alcuni dei suoi interpreti.

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