Cultura e Spettacoli

Incuria, ruberie, burocrazia Così si sfregia la bellezza dell'Italia

Dalla villa-discarica di Nerone ad Anzio a bellissimi anfiteatri dimenticati. Ecco come muore la cultura nel nostro Paese

Luca Nannipieri

Se volete sapere quanto un Paese ami la sua storia, guardate come tratta i suoi siti archeologici.

Andate per esempio ad Anzio, sul litorale tra Roma e Latina. Sono decenni che la villa e il porto imperiale di Nerone sono ridotti a una pattumiera. Da qui provengono importantissime statue romane che sono esposte nei più noti musei del mondo, al Louvre, al British Museum, nel cortile dei Palazzi Vaticani, ai Musei Capitolini: opere come l'Apollo del Belvedere, il busto di Afrodite, la statua di Giove, il Gladiatore.

Oggi le rovine della villa e del porto sono una discarica. Nelle grotte di Nerone, che erano gli antichi magazzini e depositi per lo stoccaggio delle merci, proprio bacianti la spiaggia e il mare, vi sono detriti, eternit, resti di cemento, copertoni di auto, ammassi di costruzioni recenti, sdraio rotte, ombrelloni strappati, scritte spray sui muri antichi.

Se Anzio stesse in Inghilterra sarebbe ben valorizzata come il sito di Stonehenge. Invece è una discarica.

La mancanza di soldi alla cultura è l'ultimo dei problemi. Il Ministero dei Beni culturali e del Turismo è paralizzato e, di conseguenza, paralizzante. É strutturalmente, giuridicamente, inadeguato a far fronte alla complessità, alla densità, alla rivitalizzazione dei siti archeologici e monumentali.

Se c'è da fare una seria programmazione di restauri, la pratica passa dal progettista al funzionario di soprintendenza, dal funzionario di soprintendenza al soprintendente, dal soprintendente al direttore regionale (o come si chiama dopo le mille riforme, non ultima quella di Franceschini), dal direttore regionale al direttore generale di settore, dal direttore generale di settore al segretario generale, dal segretario generale alla segreteria particolare del Ministro, passando spesso per l'organo consultivo che è il Consiglio Superiore dei Beni culturali. Trascorrono mesi, vi sono confusione di competenze, poteri di reciproca interdizione, vischiosità burocratiche che bloccano i lavori. Assai frequentemente cittadini e associazioni vengono inibiti dal contribuire alla riqualificazione di questi luoghi. Il Codice dei beni culturali è la legittimazione giuridica della burocrazia sulla cultura.

Andate, altro esempio, alla villa museo di Sperlonga, sempre in provincia di Latina. D'estate i bagnanti si affollano ai bar del lungomare. E lì accanto muoiono nell'indifferenza la villa dell'imperatore Tiberio e il museo nazionale. Dentro c'è una cosa unica al mondo che pochissimi hanno visto: un gigantesco gruppo scultoreo, del II secolo a.C., che mostra Ulisse e compagni che accecano Polifemo. Una meraviglia inaudita, che dovrebbe essere conosciuta come i Bronzi di Riace.

Invece il museo, gestito dallo Stato, vanta pochi visitatori paganti al giorno. Lo Stato stesso è indifferente a quanti si rechino nei luoghi sotto la sua tutela.

Andate a Formia, la città di Cicerone. Quando fu ucciso, proprio qui gli costruirono una tomba quasi imperiale, a cilindro, alta 24 metri, con robusti e squadrati blocchi di calcare. Ma se volete vederla, le indicazioni sono del tutto assenti. Al museo archeologico ti dicono che per visitarla bisogna essere un gruppo, mentre la villa di Cicerone non si sa dove sia. Alcuni dicono sia cadente sotto un'abitazione privata. Altri dicono sia sotto una villa non visitabile. Se Cicerone fosse stato tedesco, vi avrebbero dedicato glorie e palazzi come a Hegel e Nietzsche.

La vera rivoluzione della cultura non la sta facendo il Governo. La stanno facendo i vandali, i pigri e gli incapaci.

Chi di voi è mai andato a vedere gli stupefacenti teatri e anfiteatri romani?

I teatri antichi, ovunque siano, a Volterra, Teano, Sessa Aurunca, Sepino-Altilia, Sutri, Capua, hanno costituito le fondamenta del nostro essere europei, la base della nostra identità comunitaria, ma l'Italia li sta buttando via.

Andate all'anfiteatro di Santa Maria Capua Vetere, in provincia di Caserta, I° secolo d. C.: se ne sta lì, ferma rovina che non vede quasi nessuno. E il teatro di Sessa Aurunca (I° secolo dopo Cristo)? Aveva fregi, capitelli, architravi, realizzati in marmo bianco di Carrara o di Atene, in marmi estratti dall'Egitto, dalla Numidia, dalle isole greche. L'ingresso è gratuito. Ma non se ne è accorto ancora nessuno.

E, lì vicino, il teatro di Teano? Quante volte lo avete sentito nominare? E l'anfiteatro di Pozzuoli, vicino Napoli, che per grandezza sfidava il Colosseo? Mentre Pompei ha milioni di turisti, Pozzuoli se ne prende una manciata. E l'anfiteatro di Avella, vicino Avellino (1° secolo a. C.)? Nonostante sia anch'esso gratuito, nessuno vi ha indirizzato a vederlo. E quello di Libarna? E il teatro romano di Benevento, eretto sotto l'impero di Adriano? E l'anfiteatro di Cassino, vicino Frosinone?

Il nostro Paese non sa cosa farci.

Eppure, prima di morire, riusciremo a cambiare con la violenza dell'amore e del desiderio la spenta memoria di questi luoghi fondamentali.

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