Cultura e Spettacoli

"Gli indifferenti" rinascono dalle loro ceneri. Ecco il film sulla borghesia del terzo millennio

Il regista Guerra Seràgnoli riadatta il libro che impose Alberto Moravia

"Gli indifferenti" rinascono dalle loro ceneri. Ecco il film sulla borghesia del terzo millennio

È dagli anni Sessanta del secolo scorso che il cinema prende a pugni e calci la borghesia, da Marco Bellocchio in giù. E adesso che tale classe sociale sembra erasa, almeno in Occidente, dove incalza la nuova borghesia delle masse migranti e i medio-piccolo borghesi italiani, ormai proletarizzati, escono dai tinelli per recarsi alla Caritas, c'è chi ha voglia di misurarsi con «quella gente che può guardare altrove, vivendo una vita ego-riferita», per dirla con il regista Leonardo Guerra Seràgnoli.

Classe 1980, studi e visibilità tra Boston, New York e Berlino; amato da Nanni Moretti e collaboratore dell'autrice di best-seller Banana Yoshimoto, l'artista romano firma Gli indifferenti - ora ristampato da Bompiani - ispirandosi al romanzo d'esordio di Alberto Moravia, che nel 1929 si rivelò al mondo letterario, appena uscito dal sanatorio di Codivilla (Cortina d'Ampezzo) dove curava la tubercolosi ossea. On-demand da martedì prossimo su: Sky Primafila, Apple Tv, Google Play, Chili, Rakuten, Timvision, Infinity, Miocinema, Iorestoinsala, CG Digital, The Film Club - impossibile farselo sfuggire -, questo film ha un buon cast che, tra gli altri, annovera Valeria Bruni Tedeschi, Edoardo Pesce e Giovanna Mezzogiorno.

Certo, c'è da confrontarsi con la giovane Claudia Cardinale, il maturo Rod Steiger e il giovane Thomas Milian, nel 1964 interpreti de Gli indifferenti di Citto Maselli, opera che scandalizzò la sinistra, perché troppo poco di sinistra (buffo: i leftist sarebbero globalisti, ma la critica impegnata rimproverò a Maselli d'aver assunto attori stranieri). Poi ci sarebbe la miniserie tv del 1988 con regia di Mauro Bolognini, ma Seràgnoli sa il fatto suo e, spostando l'azione dal fascismo alla contemporaneità, filma dall'alto una Roma bellissima, dove vive la famiglia Ardengo: la mamma (Bruni Tedeschi) è una «generalessa» viziata che detesta i non-bianchi e i suoi due figli sono i tipici ragazzi confusi di adesso. La povertà è dietro l'angolo, ma un faccendiere (Pesce), amante della signora, paga i debiti. Egli, però, ha un secondo fine: impossessarsi dell'attico in cui vivono gli Ardengo.

«Quella della borghesia, classe che esiste in modo dominante, non è realtà superata, ma sistematica. Si tratta di un'attitudine deleteria, che impatta sulle generazioni dei giovani. La mia è una provocazione, perché sfatando certe ipocrisie, si insinua speranza», spiega il regista, che scoprì Moravia al liceo, leggendo Agostino. Dal canto suo, la Bruni Tedeschi sostiene: «Gli esseri umani non cambiano, ma cambia la società, che dovrebbe migliorarsi. Chi sono gli indifferenti di oggi? Io mi sento indifferente, prima di tutto. Gli indifferenti siamo tutti: dobbiamo prendere coscienza del fatto che l'egoismo non ci fa guardare le persone vicino a noi.

Questo egoismo, anche all'interno delle famiglie, non porta felicità».

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