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Inutile rimorchiare in sala Ecco cosa insegna il Lido Vita festivaliera »

Non invitare giornalisti ad un buffet Due film al mattino, uno la sera e nel mezzo interviste e articoli da scrivere. Mangiano crackers davanti al pc e se vengono a sapere di un cocktail o una cena per la presentazione di un film arrivano solo dopo i discorsi di rito quando rimane solo che da mangiare il più possibile, nel meno tempo possibile. Come dargli torto?
Non provare a rimorchiare in sala Il cinema è pieno di posti vuoti, ma tu ti vai a sedere appositamente accanto all'unica ragazza carina e sola in sala. È chiaramente una di quelle che pensano che il cinema è sacro, niente salotto, solo sostanza, ma te ci provi lo stesso. Le chiedi di potere dare un'occhiata al programma dei film che lei tiene in mano, «che il tuo l'hai dimenticato», poi parte il «che film ti sono piaciuti finora», e nonostante lei ti risponda a monosillabi, tu continui. Non stupirti se appena si spegneranno le luci in sala, si scuserà «che deve andare in bagno» e la rivedrai solo a fine proiezione seduta a tre file di distanza. C'è sempre un posto libero in sala a Venezia.
Non chiedere inviti per le feste Tanto quest'anno non c'erano. Va bene che al momento del suo insediamento alla direzione del festival Barbera aveva dichiarato «Viva il cinema, no al gossip», ma senza gossip cala l'attenzione dei media, si riducono i potenziali sponsor e quindi anche i soldi per l'edizione successiva. Mai come quest'anno il lungomare è stato così povero di eventi. Sarà la crisi, ma a spegnersi prima di tutto è stato l'entusiasmo. Sicuri che sia una scelta vincente?
Non parlare con i fotografi Non hanno mai tempo: quando non fotografano stanno davanti al pc ad imprecare perché la banda internet è troppo lenta, l'attrice guardava da un'altra parte o non ci sono abbastanza sedie in sala stampa. Intrattenere una conversazione normale e civile con loro è roba da guinness dei primati. Al massimo puoi aiutarli a riconoscere chi hanno fotografato: «Ma chi è questo ragazzino che sembra farsi di cortisone?», «Zac Efron», «E questo arabo?», «È americano ma con origini iraniane, è il regista Bahrani», «E questa vecchia invece?», «È un lui, è Michael Cimino».
Non credere agli applausi della Sala Grande Ogni film di rilievo ha almeno due proiezioni, una anticipata per i giornalisti, e una serale in Sala Grande alla presenza del cast. Più si è fischiato alla prima, più alla seconda si cercherà di riequilibrare il tutto con lunghi applausi e possibili standing ovation. Sarà che molti dei presenti hanno partecipato al film, sarà che il pubblico che ha pagato venti euro per un biglietto ha voglia di ricordare come speciale quella proiezione di cui il giorno dopo potrà dire agli amici «io c'ero», ma un punto rimane fermo: l'applauso serale non è un buon termometro per misurare la bontà di un film.
Non comprare biglietti per i film italiani in concorso a scatola chiusa Ma informati prima, dietro la scelta dei film italiani in concorso spesso ci sono ragioni politiche ed interessi commerciali e così ad ogni Venezia c'è almeno una proiezione per giornalisti che termina con fischi ed ululati di disapprovazione.

Stavolta ne ha fatto un po' le spese Francesca Comencini, anche se i zero applausi e qualche «buu» ricevuti dal suo Un giorno speciale sono niente rispetto al recente passato, dall'Ovunque sei di Placido al Quando la notte di Cristina Comencini, veri e proprie vittime di guerra di critici avvelenati che non fanno sconti a nessuno.

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