"Io, un confessore laico Da trentadue edizioni gioco a fare spettacolo"

L'ennesimo successo del «Costanzo Show» conferma che «nessuno fa questo tipo di talk»

"Io, un confessore laico Da trentadue edizioni gioco a fare spettacolo"

Maurizio Costanzo ha sempre l'aria a metà fra il diffidente e l'annoiato - di quello che sa cosa gli chiederai prima ancora che tu glielo chieda. Soprattutto se lo interrogano sempre sulle stesse cose. Del resto è nei giornali dal 1953, alla radio dal 1963, in tv dal 1966: ne ha fatte (e concesse) d'interviste. Come fa a non seccarsi, quando gli fanno sempre le stesse domande? «Ecco: questa, ad esempio, è una domanda che nessuno mi aveva ancora mai fatto», commenta lui, spiazzato. Ripreso alla grande l'immarcescibile Costanzo Show, confermata la prossima, terza edizione de L'Intervista, il giornalista prepara il ritorno autunnale di entrambi i programmi. «Quando le domande le faccio io mi diverto di più conferma -. Tranne se c'è chi svicola. Questo m'irrita. Forse perché so anch'io come si fa a rispondere senza rispondere».

La stagione conclusa ha visto il fortunato ritorno di un Costanzo Show che sembra immortale.

«Ma sì, perché in fondo cambia il titolo, si aggiustano le formule, ma ognuno di noi finisce per fare sempre lo stesso programma. Questo ho voluto riprenderlo perché convinto che la sua chiave anche se modificata - apra ancora molte porte. È strano ma oggi, benché ultranoto, quel tipo di talk nessuno lo pratica realmente. Eppure far raccontare alle persone note o meno - la loro realtà segreta, funziona sempre».

Trentadue edizioni, 4430 puntate, dall'82 al 2009 e dal 2015 ad oggi. E sempre lo stesso gusto, nel farlo?

«Oggi ancora di più. Perché quand'era quotidiano era affascinante quanto stremante. Andare in onda tutti i giorni per ventisette anni... Sfido chiunque a non averne le scatole piene. Oggi mi godo con più calma ospiti e pubblico, nell'eterno gioco di fare lo spettacolo con loro, non su di loro».

Qualcuno ha paragonato la sua diabolica abilità d'intervistatore a quella di una sorta di confessore laico.

«Confessore laico, sì: definizione azzeccata. Si tratta di avvicinare l'ospite senza intimorirlo, spingerlo ad abbassare le difese, e a raccontarsi come se, ad ascoltarlo, ci fossi solo io, e non milioni di altri».

Formula ripresa e potenziata all'estremo con L'Intervista.

«Già: perché dentro a quella specie di scatola ci siamo davvero solamente io e l'intervistato: niente pubblico, nessun tecnico, neppure il cameraman. Così la confidenza (dell'ospite, e mia) si fa totale».

Ospiti come Maradona, Bova, Totti, Belen, Corona... Ma quella che ha ottenuto lo share più alto è stata Maria De Filippi. E lei come s'è trovato a mettere in piazza le confidenze di sua moglie?

«Io benissimo. Era molto più in imbarazzo lei di me».

Ma una volta voi due lei no evitavate l'uno i programmi dell'altra? Che è successo nel frattempo?

«Una bronchite mi ha fatto saltare una registrazione. E Maria è corsa al soccorso. Risultato: lo share record».

Lei una volta lei scrisse «Conservo i nemici per la vecchiaia». Oggi che gli ottanta si profilano (li compirà fra un anno) la pensa ancora allo stesso modo?

«Più che mai. Benedetti siano i nemici, che ti stimolano, ti pungolano, ti tengono vivo. Ti obbligano a dar il meglio (o il peggio) di te. Mai smesso di avere nemici. Per fortuna».

E la fanno ancora penare? Saranno invecchiati anche loro, no?

«Alcuni definitivamente. Fra i sopravvissuti alcuni c'è chi è rimasto gagliardo, chi è un po' spuntato. Baudo, ad esempio: sembravamo fatti apposta per starci sulle scatole. Ma con l'età s'è raddolcito, è perfino guarito dalle sue astinenze televisive. Con Vespa oggi sono in ottimi rapporti. Il tempo aggiusta tante cose. Aldo Grasso? Credo, anzi mi auguro, che i miei programmi non li veda più. E che, anche facendolo, si distragga».

Chi le piace degli attuali conduttori di talk show?

Massimo Giannini. E' uno che vorrei spesso ospite. Pure David Parenzo è uno bravo. Anche non in coppia con Giuseppe Cruciani. Meglio, anzi».

Recentemente lei ha dichiarato di voler chiudere gli occhi tenendo la sua mano nella mano di Maria.

«L'ho detto e lo confermo. Io e Maria ci conosciamo da ventisei anni, siamo sposati da ventidue. Un record, per quel che mi riguarda. E sul lavoro non ho più nulla da insegnarle. L'allieva ha superato il maestro».

A proposito: e se all'arrivo degli ottanta qualcuno cominciasse a chiamarla davvero «maestro»?

«Qualcuno ci ha già provato. Al che io rispondo sempre: Maestro, sì. Ma della banda».

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