"Io sono Libero”, una docufiction per non dimenticare

A 25 anni dalla morte, in tv va in onda un omaggio a Libero Grassi, l'imprenditore siciliano che si ribellò al pizzo e alla mafia

"Io sono Libero”, una docufiction per non dimenticare

Con “Io sono Libero“, docufiction in programma stasera, lunedì 29 agosto, la Rai sembra ricordarsi cosa sia il servizio pubblico. Il sacrificio di Libero Grassi, l'imprenditore ucciso dalla mafia perché si rifiutò pubblicamente di pagare il pizzo, è una lezione di legalità che è importante tramandare affinché diventi patrimonio anche delle nuove generazioni.
Nel venticinquesimo anniversario dall'omicidio di questo cittadino comune che seppe farsi straordinario, su RaiUno si dedica la prima serata alla sua commemorazione proponendo al pubblico un prodotto di fiction in cui la vicenda viene raccontata attraverso documenti originali, immagini d’epoca, interviste e testimonianze di chi conobbe Grassi, tra cui i protagonisti della scena pubblica di allora. La regia è di Francesco Miccichè e Giovanni Filippetto. La funzione di narratore è affidata ad un personaggio di fantasia, Marco (l'attore Alessio Vassallo), un giovane giornalista che si occupa della cronaca di Palermo. In novanta minuti si ripercorrono gli ultimi otto mesi di vita di Libero a partire da quando, il 10 gennaio 1991, Il Giornale di Sicilia pubblicò la sua lettera al “Caro estortore”, in cui l'imprenditore dichiarava di non volere sottostare alle richieste di pagare il pizzo. L'uomo ebbe poi modo di spiegare anche in televisione, ospite della trasmissione "Samarcanda", il perché di quella ribellione: secondo lui, assecondare le richieste di mafiosi equivaleva a condividerne i valori e a rinunciare alla propria dignità.
Spezzare il silenzio sulle pressioni e intimidazioni di esponenti di Cosa Nostra, in quegli anni, non costituiva solo un'opposizione pubblica alla mafia, ma una presa di posizione atta a scardinare le insane abitudini di un popolo. Eppure Libero fu lasciato solo: la borghesia imprenditoriale palermitana ne prese le distanze e così fece anche l'uomo della strada. Il suo isolamento lo rese un bersaglio più facile per coloro che, nel frattempo, lo avevano condannato a morte: i Madonia.
Ricordare una vicenda umana di così grande spessore civile ed etico è doveroso oltre che utile.

L'esempio di chi si assunse il rischio di una battaglia scomoda ma in grado di renderci tutti un po' più liberi, deve restare vivo.
Sempre questa sera, 29 agosto, verrà trasmesso in seconda serata su Canale 5, all'interno di 'Top secret', il documentario 'Libero nel nome' realizzato sei anni fa da Pietro Durante.

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