Con la morte di Abbas Kiarostami, uno dei cineasti più influenti del cinema contemporaneo spentosi ieri a Parigi a 76 anni, scompare un modo di pensare il cinema. Il regista, da tempo malato di cancro, all'affermarsi della dittatura islamica in Iran, suo Paese d'origine, ha ridefinito le condizioni del sistema cinematografico in un'affascinante dialettica tra sogno e realtà. Fotografo, pittore e disegnatore, Kiarostami aveva cominciato la sua carriera girando film pedagogici per l'infanzia, immettendo nei minuscoli drammi delle vite anonime l'odissea kafkiana sperimentata nei villaggi iraniani. Close-up, E la vita continua, Dieci presentano tutti una struttura laconica, quasi film-vaticinio: una passeggiata in macchina tra le rovine, o un labirinto di strade simboleggiano il paradosso di Teheran, dov'era nato il 22 giugno 1940.
Vincitore della Palma d'oro mel 1997 al Festival di Cannes, con Il sapore della ciliegia, Kiarostami aveva divorziato nel 1982 dalla moglie Parvin Amir-Gholi, dalla quale ebbe due figli. Rimasto in Iran anche dopo la rivoluzione del 1979, il maestro del cinema iraniano girò nel 1973 il suo primo film di finzione, Tajrobe, drammatica vicenda di due amanti divisi dalla diversa provenienza sociale. L'anno seguente, Mossafer racconta l'epopea di un adolescente, che scappa da scuola per assistere a una partita di pallone: finirà addormentato sull'erba, davanti allo stadio. Attratto dal cinema della realtà, con i documentari Gli scolari (1984) e Compiti a casa (1989), Abbas Kiarostami coniugava sobrietà stilistica e ispirazione poetica. Beniamino dei circuiti festivalieri, venne bandito per una settimana dal suo paese quando Catherine Deneuve, assegnandogli la Palma d'oro per il capolavoro che racconta la storia di un uomo che cerca chi possa aiutarlo a suicidarsi, gli scoccò un bacio sulla guancia.
Nel 1999, Il vento ci porterà via ottiene vari premi, mentre lo sperimentale film a episodi Tickets lo porterà a confrontarsi con Ermanno Olmi e Ken Loach. Da molti colleghi insomma era considerato un vero maestro, tanto che di lui Jean-Luc Godard disse: «Il cinema comincia con DW Griffin e finisce con Kiarostami».
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