Intanto, non si presenta lancia in resta puntando il dito contro pecche, ritardi, errori, presunte scorrettezze. E questo, per unazienda che ha portato avanti una lunga battaglia a colpi di denunce, ricorsi e contro-ricorsi (riuscendo addirittura a far comminare da parte dellAntitrust una multa di 1,8 milioni di euro) fa già notizia. Anzi, Sky, il broadcaster più interessato al cambiamento del sistema di rilevazione dei dati dascolto (attorno a cui ruotano miliardi di euro), accetta di parlare con serenità del tema. E lancia, nella persona di Andrea Scrosati, unidea che ha il sapore di una sorta di pax Auditel. «È venuto il momento - spiega il vice president responsabile della programmazione cinema e intrattenimento (in due anni ha portato a un +56% dello share dei canali Sky Cinema e +93% dello share di SkyUno) - di lasciar perdere guerre ideologiche e scontri tra guelfi e ghibellini che hanno rovinato il sistema tv italiano, e di sederci tutti con calma intorno a un tavolo». Un messaggio che viene spedito agli operatori interessati, dai colossi Rai e Mediaset alle aziende più piccole. In particolare a Giovanni Stella, ad di Telecom Italia media che pochi giorni fa ha sparato a zero contro lAuditel affermando che gli ascolti de La7 «vengono misurati male» e a Giancarlo Leone che ha proposto su queste colonne un sistema per «sbollentare» il livello di tensione comunicando ai media solo il numero di spettatori che vedono un programma e non più lo share, cruccio e dramma di molti.
Dunque, Scrosati, sedersi attorno a un tavolo per fare cosa?
«Per ripensare da zero il sistema di rilevamento. Quello attuale rischia di essere, suo malgrado, indietro di ere geologiche e di raccontare solo una parte della storia».
Detta così, non pare una proposta pacifica, semmai un bombardamento...
«Ma no. Bisogna cambiare approccio culturale al problema. Il modo in cui ciascuno sceglie di guardare i programmi preferiti si modifica ad una velocità così elevata che necessita di un approccio egualmente veloce ed innovativo da parte di chi vuole misurarlo. Il sistema attuale è nato 25 anni fa. Inevitabilmente, soffre di unimpostazione non più al passo con questa innovazione».
Auditel adotta gli stessi sistemi usati in molti altri paesi...
«Infatti in tutto il mondo si ragiona su soluzioni nuove. Non abbiamo nulla contro i vertici Auditel, ma è giunto il momento di studiare altre formule: sarebbe davvero un fatto positivo se tutti i soggetti della tv italiana si incontrassero per discutere, costruttivamente, quali possano essere queste formule. Credo sia davvero una sfida nellinteresse generale. Senza innovazione tutti sono destinati ad essere superati, anche chi con il sistema attuale è cresciuto e si è sviluppato».
In quali punti pecca il tradizionale rilevamento?
«È inevitabilmente, e costantemente, in ritardo. Ci sono molti esempi: Sky ha lanciato Sky Go (visione dei programmi sui tablet e smartphone), ma oggi i dati di chi vede in mobilità non sono disponibili e ci vorrà tempo prima che lo siano. Però i consumatori non aspettano. E utilizzano già Sky Go in modo massiccio. Così questo sistema rischia di non raccontare le passioni e gli interessi proprio del segmento più dinamico e attivo della società. Ci sono programmi il cui successo è nato su piattaforme alternative alla tv. Se li si fosse valutati solo con i dati Auditel, magari non avrebbero avuto questa occasione. Un caso per tutti è I soliti idioti, sitcom di Mtv il cui boom è esploso in rete per poi diventare un fenomeno commerciale e di costume».
Questioni che Auditel sta già affrontando e, in parte, risolvendo. In concreto lei cosa propone?
«Il fatto è che è una rincorsa continua. Lascio ai tecnici la risposta su quale possa essere il sistema più corretto.
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