L'antieroe Tom Cruise rigonfia i bicipiti per battere il box office

L'antieroe Tom Cruise rigonfia i bicipiti per battere il box office

Sei spari. Cinque morti. Una città terrorizzata. Ma i poliziotti risolvono tutto in poche ore: caso chiuso. Tranne che per Jack Reacher: lui sa che hanno preso l'uomo sbagliato...
Lui, stavolta, è Tom Cruise, che essendosi fatta la fama di lupo solitario picchiatello, dopo il divorzio da Katie Holmes e il can-can intorno alla setta di Scientology della quale è devoto finanziatore, torna in grande spolvero. Con un film d'azione, un solido thriller diretto da Christopher McQuarrie (che firmò soggetto e sceneggiatura de I soliti sospetti) e interpretato molto bene da «Top Gun» nei panni militareschi d'un detective tosto, muscolare, pronto a ogni nefandezza in nome d'una giustizia tutta sua. Così Jack Reacher. La prova decisiva, film di punta della Universal che il 3 gennaio (giorno di uscita nelle sale italiane) apre le danze dell'anno nuovo, diventa un test: riuscirà Tom il piccoletto, qui fotografato in modo da farlo sembrare più alto, a risollevare le sue quotazioni?
Al momento il suo eroe convince fino a un certo punto. Intanto, lo spunto letterario dal quale prende le mosse il racconto piacerà agli amanti del genere investigativo, perché Jack è figlio dei racconti di James R. Grant, alias l'inglese Lee Child, padre del personaggio a metà strada tra Sherlock Holmes e Steven Segal: uno che, mentre ti cerca, ti mena. E qui siamo nel regno di Cruise, che adora mostrare i bicipiti e serrare le mascelle. Inafferrabile e addestrato alle stragi di massa, Reacher non va cercato: è lui che ti trova. Di nuovo in coppia col veterano Robert Duvall, che incontrò Tom nel 1990, ai tempi di Giorni di tuono (il soggetto era di Cruise), l'ex di Nicole Kidman ci dà dentro sul versante moderno dell'action movie tagliato su misura. L'elemento accattivante di Jack Reacher è che la polizia sbaglia, la giustizia sbaglia, le leggi sbagliano. Non c'è altro da fare che crearsi un proprio quadro di riferimento e muoversi al suo interno con la scaltrezza del militare d'élite. «Credi che sia un eroe? E no, che non sono un eroe. Più fai il carino con me, peggio è per te. Perché non ho nulla da perdere», sibila Reacher a chi vuole incastrarlo. Meno male che l'avvocatessa Helen (Rosamund Pike) lo difenderà a spada tratta, mentre «The Zec», il cattivaccio impersonato dal regista Werner Herzog, si mette dalla parte dei persecutori. E se Duvall ha poco più di un cameo, Herzog, il regista visionario e folle che amava Leni Riefenstahl quasi quanto Hitler, tracima: orbo di un occhio, le dita mangiate da una lunga prigionia in Siberia, il suo villain è a un passo dal ridicolo, però inchioda. Senza contare che le scene d'inseguimento in auto, tra corse coreografate alla Drive e montaggi serrati, sono di classe. Come le sequenze iniziali, con la città piombata nel terrore e quegli spari ripetuti e i civili che fuggono, spaventati.


Qualunque cosa si pensi di Tom Cruise, bisogna riconoscere che in ogni film s'impegna al massimo, infondendo carisma ai suoi personaggi. E con Clint Eastwood troppo vecchio per mettersi a correre e sparare, gli conviene insistere.

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