"Leggevo i Vangeli e mi innervosivo: il Padre mi sembrava peggio del mio..."

La scoperta della religione e il confronto con la storia personale e della madre

"Leggevo i Vangeli e mi innervosivo: il Padre mi sembrava peggio del mio..."

E più di ogni altro sentimento spiccava la ferocia. Chiuso un vangelo, ne cominciavo un altro e la vicenda mi pareva sempre più terribile. Sì, era una storia sconvolgente. Leggevo e mi innervosivo. Eravamo tutti al servizio di un Signore che ci teneva sotto sorveglianza per vedere cosa sceglievamo, il male o il bene. Che assurdità, come si poteva accettare una tale condizione servile? Detestavo l'idea che ci fosse un Padre nei cieli e noi figli di sotto, nel fango e nel sangue. Che padre era Dio, che famiglia era quella delle sue creature, mi spauriva e insieme mi faceva arrabbiare. Detestavo quel Padre che aveva fatto esseri così fragili, esposti continuamente al dolore, facilmente deperibili. Detestavo che se ne stesse a guardare come noi pupazzetti ce la cavavamo con la fame, la sete, le malattie, i terrori, la crudeltà, la superbia, persino i buoni sentimenti che, a rischio sempre di malafede, celavano il tradimento. Detestavo che avesse un suo figlio partorito da madre vergine e lo esponesse al peggio come le più infelici tra le sue creature. Detestavo che quel figlio, pur avendo il potere di fare miracoli, usasse quel potere per giochi scarsamente risolutivi, niente che migliorasse davvero la condizione umana. Detestavo che quel figlio fosse incline a strapazzare sua madre e non trovasse il coraggio di prendersela con suo padre. Detestavo che il Signore Dio lasciasse morire quel figlio tra tormenti atroci, e che alla sua richiesta di aiuto non si degnasse di rispondere. Sì, era una storia che mi deprimeva. E la resurrezione finale? Un corpo orribilmente martoriato che tornava in vita? Avevo orrore dei risorti, non riuscivo a prendere sonno la notte. Perché fare l'esperienza della morte se poi si torna in vita per l'eternità? E che senso aveva la vita eterna in mezzo a una folla di morti resuscitati? Era davvero una ricompensa o una condizione di intollerabile orrore? No, no, il padre che risiedeva nei cieli era esattamente come il padre disamorato dei versetti di Matteo e di Luca, quello che dà pietre, serpenti e scorpioni al figlio che ha fame e chiede pane. Se ne avessi discusso col mio, di padre, c'era il pericolo che mi scappasse detto: questo Padre, papà, è peggio di te. Per cui mi veniva di giustificare tutte le creature, anche le peggiori. La loro condizione era dura e quando riuscivano a esprimere comunque, dall'interno della loro melma, veri grandi sentimenti ero dalla loro parte. Dalla parte di mia madre, per esempio, non del suo ex marito. Lui la usava e poi la ringraziava con smancerie, approfittando della capacità di lei di provare un sentimento sublime. Una sera mia madre mi disse: «Tuo padre è più giovane di te. Tu stai diventando grande e lui è rimasto un bambino. Rimarrà un bambino sempre, un bambino straordinariamente intelligente ipnotizzato dai suoi giochi.

Se non lo si sorveglia, si fa male. Avrei dovuto capirlo da ragazza, ma allora mi pareva un uomo fatto». S'era sbagliata e tuttavia teneva fermo il suo amore. La guardai con affetto. Volevo amare anche io così, ma non un uomo che non se lo meritava.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica