Cultura e Spettacoli

L'incredibile storia di Guido Notari, la Voce che ha fatto la Storia d'Italia

È stato il cantore del fascismo e dell'Italia liberata, l'uomo che attraverso i cinegiornali Luce e la settimana Incom ha raccontato il mondo agli italiani. Enrico Menduni racconta in un docufilm presentato al Taormina Film Fest

Una voce che è un'epoca, una vita che è un paradosso. «L'ultima voce», il docufilm che Enrico Menduni, docente di cinema e televisione, ha presentato con successo al Taormina Film Fest, e che ha come guida Giorgio Zanchini, giornalista RadioRai, è una storia tutta italiana, nel bene e nel male, è la storia di Guido Notari, la voce storica dei cinegiornali Luce e della Settimana Incom, l'uomo che per più di vent'anni, nell'ombra, ha raccontato l'Italia a milioni di spettatori, l'uomo che, scrivono, «aveva il monopolio vocale su ciò che di importante doveva sapere la gente». Notari è stato «la Voce» dal 1931, anno del suo debutto nel Giornale Radio dell'Eiar, fino al 1957, anno della sua morte. Con il suo timbro perfetto ha letto ore e ore di trasmissioni radio, decine di documentari e cinegiornali Luce, centinaia di Settimane Incom, capace di parlare di stragi, guerra, cronaca, politica e sport fin dentro la leggerezza futile delle canzonette. Notari fu la voce del fascismo, delle adunate oceaniche, ma anche della Nuova Italia liberata. Raccontò con grande disinvoltura la fine di quella dittatura che aveva cantato come l'avvento della Repubblica e la rinascita del Paese per poi sparire nell'oblio. E noi ne parliamo con il suo «ri»scopritore.

Professor Menduni, come le è venuto in mente di riportare alla luce Guido Notari?

«Non è un'idea solo mia, ma anche di Angelo Missaglia che lavora nel montaggio dell'Istituto Luce. É un appassionato di voci come me, montando chilometri e chilometri di documentari, ci è venuta l'idea. E ci siamo subito buttati subito nell'impresa».

Chi era Notari?

«É ancora oggi un monumento vivente del sonoro, un po' quello che è stato Marconi per la radio».

Un simbolo quindi?

«Di sicuro. C'è l'importanza della voce in quello che consideriamo il secolo dell'immagine, il sonoro come assolo e come combinazione vincente con l'immagine».

Allora era un uomo avanti con i tempi?

«É stato uno dei primi artisti veramente multimediali. Speaker radio, cinegiornale, attore cinematografico, teatrale, doppiatore: ha fatto tutte le parti in commedia».

La sua vera vocazione però era fare l'attore...

«Nel 1939 comincia a fare cinema, interpreta quasi 60 film, 35 nel periodo bellico. Ma non diventa popolarissimo per questo».

Però anche lì aveva un vezzo...

«Un grande doppiatore come Notari nei film veniva doppiato perchè lui non era disponibile a doppiare se stesso. La voce più famosa d'Italia nei film aveva la voce di un altro».

Dicono fosse uno stakanovista...

«Notari muore nel 1957 dopo aver registrato la puntata numero 1500 della Settimana Incom. Nel 1501 c'è il suo necrologio e in tutte le altre c'è la sua voce. Era un lavoratore formidabile».

Un personaggio controverso però, persino paradossale...

«Era la voce dei cinegiornali di regime, la voce del fascismo, seconda solo a quella di Mussolini. Era perfetta per la propaganda, l'identificazione con il fascismo era fortissima».

Che voce aveva?

«Basta ascoltarla, una voce straordinaria, imponente».

Che però non si limita al timbro...

«Dentro di lui c'è un attore teatrale mai realizzato. Recita tutto quello che legge, la sua non è una mera lettura, ma la sua peronalissima interpretazione del testo».

E non solo...

«É una voce duttile sia nelle cose tragiche che leggere. Ha un timbro diverso per ogni occasione. Fenomenale».

Poi però il fascismo cade...

«E qui succede l'incredibile. Non fu epurato, non fu processato, nessuno disse niente. E come se niente fosse da voce del regime divenne la voce dell'Italia liberata».

E com'è possibile?

«In realtà nel 1942 si libera della casacca e dirada la sua presenza ai microfoni. Sostanzialmente passa al Vaticano. La scelta di confermarlo fu molto andreottiana: lui in fondo era uno strumento musicale. E un grande professionista».

É quello che sostengono anche i suoi difensori...

«Dicono: lui in fondo leggeva quello che altri scrivevano. Di certo è stato molto abile a cambiare, in questo si può vedere una forma di trasformismo tutto italiano. Ma io non lo dovevo processare anche se è ambiguo e border line, io lo dovevo soltanto raccontare».

Ma lui da che parte stava?

«Lui neutro lo era fino a un certo punto. Come attore ci metteva l'enfasi, ci metteva del suo. Si ha molto spesso l'impressione nel periodo mussoliniano che la sua voce abbia rubato la scena al duce».

Come cambia il suo modo di raccontare quando cambia il mondo?

«La voce è la stessa ma cambia completamente fino a sembrare un altro. Fa effetto sentirlo parlare in prima persona dell'Italia che va in montagna a combattere per la Liberazione. O ricamare in modo pesante sulla vita delle sorelle Petacci. Prendeva in giro il Duce ed era la voce del Duce».

Cosa ha scoperto di lui attraverso il film?

«Ho cercato di andare a vedere i luoghi dove ha lavorato come sono ridotti. La prima sede dell'Istituto Luce è stata ceduta al comune di Roma, ora è per metà di uffici. Dove si sviluppa la fotografia è in stato di abbandono. Non è cosi che si conserva la memoria...».

E poi...

«Nel dopoguerra ha lavorato alla Incom che in parte è il centro Nomentana della Rai e in parte è abbandonata pure quella. Nel film racconto anche questo, l'abbandono del luogo».

Come sono sopravvissuti alla guerra tutti quei filmati?

«Perchè furono sequestrati dagli americani e portati negli Stati Uniti. Ce li restituirono tempo dopo. Da Luce a Incom abbiamo praticamente tutto».

Cosa allora è andato perduto?

«Il giornale radio andava i diretta e non registrava: purtroppo non c'è più niente. Una perdita enormne per la cultura. Solo a partire dagli anni Cinquanta la radio ha cominciato a registrare».

Fu così anche per la tv...

«Lascia o raddoppia veniva registrato solo in caso di causa giudiziaria. Ne sono rimaste tre puntate perchè tre furono le cause. Se solo uno pensa all'importanza di Lascia e raddoppia».

Ha cercato la famiglia di Notari?

«In Rai ci sono diversi Notari e io ero convinto che qualcuno di loro fosse parente. Invece niente, nemmeno uno. Tutti sapevano chi fosse, nessuno che fine avesse fatto».

Non aveva figli?

«Aveva un unico figlio Brunello che morì in un incidente stradale ai Castelli romani. E Brunello non aveva prole».

Quindi non esistono più Notari?

«Ho trovato un erede a Milano con il sistema più antico del mondo: l'elenco del telefono. Si chiama Giancarlo Notari, è figlio del fratello di Guido, fa il regista pubblicitario e ha una voce bellissima anche lui».

E che è successo?

«Ha tirato fuori un'elegante valigia di pelle: dentro c'erano guanti gialli, una macchina fotografica, occhiali, una sciarpa, novanta fotografie e decine di ritagli di giornale. Per questo abbiamo scelto di iniziare con l'apertura della valigia».

Dopo Notari adesso cosa sta preparando?

«Una mostra fotografica su come gli americani fotografavano la Liberazione e come l'abbiamo fotografata noi.

Due modi di vedere la Storia che insegnerà molto».

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